“Da quando Baggio non gioca più, non è piu’ domenica”. Lo cantava Cesare Cremonini, lo pensano in molti da quel 16 maggio 2004, poco più di 20 anni fa, in cui il Divin Codino gioco’ la sua ultima partita. Alla ‘Scala’ del calcio si festeggiava lo scudetto del Milan e insieme si salutava lui, il numero 10  che in maglia del  Brescia chiudeva una parabola magica, in grado di regalare gioie e dolori, soprattutto fisici (due menischi in meno, i legamenti di un ginocchio ricostruiti, tre operazioni, due anni senza giocare). 

Era il 16 maggio di 20 anni fa quando il ragazzo di Caldogno dagli occhi e le ginocchia di cristallo diceva addio al calcio in un San Siro bagnato di lacrime. Commozione e gratitudine, ammirazione e consapevolezza che le sua magie palla al piede sarebbero rimaste uniche, irripetibili. Baggio esce dal campo al minuto 39, una passerella annunciata e strameritata.
Venti anni dopo, Baggio è oggi un uomo felice, segue poco il calcio “per scelta” e coltiva le sue passioni, la famiglia.
 

Michel Platini lo definì “più che un 10 un nove e mezzo”; per tanti è stato un artista, per altri il più forte calciatore italiano, e non solo per quel Pallone d’Oro vinto nel ’93.  Con il pallone ai piedi è stato l’italiano più brasiliano che sia mai esistito, ma soprattutto è stato il giocatore più amato dagli appassionati, anche se un po’ meno da alcuni tecnici.
Baggio ha unito l’Italia intera del tifo che ama la bellezza pura. E’ stato capace di vestire le maglie “contrapposte” di Fiorentina, Juventus, Milan e Inter, e semmai i tifosi si sono divisi per lui – come nel ’90 per il passaggio dal viola al bianconero – non contro di lui. I gol a Italia ’90, le lacrime per il rigore sbagliato a Pasadena al mondiale 1994, le magie in campo, gli infortuni e le rinascite, la conversione al buddhismo, l’addio totale  al mondo del calcio, il buen ritiro in Argentina.

“Da quando Baggio non gioca più, non è più domenica”, cantava Cesare Cremonini nel 2005, sull’onda dell‘esperienza bolognese del ‘divin codino’. L’arte in campo si e’ altre volte incontrata con quella in musica: nel 2001 Lucio Dalla cantava “Baggio, Baggio”, e più di recente era stata la voce raffinata di Diodato a celebrare “L’uomo dietro il campione”, parte della colonna sonora del film “Il Divin Codino”.

Rai

Addio la calcio Baggio

Magie come un film, e numeri ricorrenti

Dal 10 tatuato nella memoria di tutti e su quasi ogni maglia delle squadre in cui ha giocato, al 18 della parentesi al Milan e in Nazionale ai Mondiali di Francia ’98. Senza dimenticare il 15 indossato nelle Notti Magiche di Italia ’90. Ma i numeri di Baggio sono anche le statistiche della sua folgorante carriera.

Baggio ha appeso gli scarpini al chiodo dopo 643 partite da professionista con i club, dall’esordio con il Vicenza all’amata Fiorentina, passando per il trasferimento alla Juventus, tra polemiche e trofei (in bianconero arriva anche il Pallone d’Oro del ’93), le stagioni a Milano (prima il Milan, poi l’Inter), intervallate dalla parentesi di Bologna, che lo rigenera e lo porta al Mondiale del ’98, fino alla scoperta di Brescia, per il finale di carriera scritto disegnando magie fino all’ultimo, con la delusione della mancata convocazione al Mondiale 2002. 291 i gol, quasi impossibili da contare gli assist. 

Carlo Mazzone e Roberto Baggio Ansa

Carlo Mazzone e Roberto Baggio

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Roberto Baggio con Gianluca Vialli

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Roberto Baggio con Vialli seduto a terra durante Milan – Juventus, 17 aprile 1993

Giocatore geniale e leader silenzioso, Roberto Baggio  è stato unico nel suo genere. Leggenda, poesia, musica. Finchè per molti “non e’ stata piu’ domenica”

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Roberto Baggio

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