Sono stati 465mila gli studenti ad aver abbandonato, nel solo 2022, gli studi nel nostro Paese. 

Un dato allarmante, fotografato dalla Cgia di Mestre, pari all’11,5 per cento della popolazione della popolazione presente nella fascia di età compresa tra i 18-24 anni: sono studenti con al più la licenza media, che non hanno concluso un corso di formazione professionale riconosciuto dalla Regione di durata superiore ai 2 anni e che non frequentano corsi scolastici o attività formative. La media dell’Area Euro è invece il 9,7 per cento.

Sempre nello stesso anno, invece, i cosiddetti “cervelli in fuga” che se ne sono andati dal nostro Paese per trasferirsi all’estero sono stati 55.500. Quindi chi abbandona rappresenta un numero 8 volte superiore a quello dei giovani tra i 18-39 anni che sono emigrati e cancellati dall’anagrafe. 

Questi i dati rielaborati dall’Ufficio studi della Cgia, secondo cui se la dispersione scolastica non è ancora avvertita come una piaga educativa con un costo sociale spaventoso, la “fuga” all’estero di tanti giovani, invece, lo è nonostante i numeri. 

Di conseguenza per tante Pmi sarà difficile trovare personale preparato da inserire nei processi produttivi. Solo Spagna (13,9 per cento di abbandono) e Germania (12,2 per cento) stanno peggio di noi: sebbene la “fuga” dai banchi di scuola sia in calo in tutta Europa, tra i 20 Paesi dell’Eurozona nel 2022 l’Italia è al terzo posto per abbandono scolastico dei giovani tra i 18 e i 24 anni

In dettaglio secondo Ufficio studi della Cgia l’Italia rispetto ai principali Paesi dell’Unione Europea, nel campo dell’istruzione/formazione scolastica presenta due grossi problemi: in primo luogo un basso numero di diplomati e di laureati, soprattutto in materie scientifiche. Se in tempi ragionevolmente brevi non riusciremo a recuperare il gap con i nostri competitor, corriamo il pericolo di un impoverimento generale del sistema Paese. In secondo luogo una elevata povertà educativa che, secondo gli esperti, va di pari passo con la povertà economica. 

Le cause che determinano la “fuga” dai banchi di scuola sono principalmente culturali, sociali ed economiche: i ragazzi che provengono da ambienti socialmente svantaggiati e da famiglie con un basso livello di istruzione hanno maggiori probabilità di abbandonare la scuola prima di aver completato il percorso di studi che li porta a conseguire almeno il diploma di maturità. 

La Cgia di Mestre sottolinea  però come vadano indirizzate più risorse per lo straordinario lavoro inclusivo svolto dagli istituti di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP). Queste realtà sono diventate un punto di riferimento per gli allievi di nazionalità straniera, per quelli con disabilità e per gli studenti reduci da insuccessi scolastici precedenti. Scuole che spesso operano in aree caratterizzate da un forte degrado urbano e sociale che, grazie allo straordinario lavoro “antidispersivo” svolto, andrebbero sostenute.

Focus sulla situazione più critica che interessa il Sud, che presenta i livelli di abbandono scolastico più elevati. Il confronto tra la dispersione scolastica e la “fuga di cervelli” in Campania presenta il gap più elevato (la prima è numericamente 16 volte più grande della seconda). Seguono la Puglia e la Sicilia con 14, e la Toscana e la Sardegna con 8.

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