Il 99% dei bancari di Intesa Sanpaolo che lavora in smart working e utilizza la possibilità di distribuire l’orario settimanale su 4 giorni anziché 5, in futuro vuole continuare a farlo. Il 45%, quindi quasi la metà, però, vorrebbe più giorni da remoto a disposizione.

L’ascolto delle persone

A un anno dall’introduzione del pacchetto flessibilità Ca’ de Sass ha sondato la base con una survey, per capire cosa pensa delle nuove misure. Se gli indicatori economici, con gli utili record, seppure trainati dai tassi ancora alti, parlano chiaro sui risultati raggiunti, la valutazione dei lavoratori, condivisa con i sindacati (Fabi, First, Fisac, Uilca e Unisin) dice chiaramente cosa pensano della nuova organizzazione del lavoro portata dal pacchetto flessibilità. Il chief People & Culture Officer della banca, Roberto Cascella, spiega che «a più di un anno dall’introduzione della settimana corta, della flessibilità di orario e dell’estensione dello smart working, abbiamo voluto metterci in ascolto delle nostre persone». Il questionario è stato distribuito ai quasi 70mila lavoratori italiani ed è stato completato interamente dal 56,2% di loro, poco più di 39mila. Risultato? La visione complessiva della nuova organizzazione del lavoro è positiva: il 92% la ritiene innovativa, per l’87% ha migliorato l’immagine che i colleghi hanno di Intesa Sanpaolo e per l’83% la conciliazione dei tempi di vita e lavoro.

Lo spartiacque del pacchetto flessibilità

In un passato nemmeno così lontano il lavoro dei bancari, sia delle sedi che delle filiali, cominciava con la timbratura del cartellino che imponeva una certa osservanza degli orari. In ufficio si andava cinque giorni su cinque, il lavoro da remoto era, appunto, una possibilità remota e per pochi. Oggi forse non esiste più nemmeno una banca dove non ci sia un accordo di smart working (e comunque in assenza di accordo aziendale c’è sempre la cornice di riferimento del contratto collettivo nazionale di lavoro Abi), ma sicuramente ce ne è una, Intesa, dove la flessibilità è stata sperimentata in tutte le sue declinazioni, attraverso l’accordo sindacale del maggio dello scorso anno. Un vero e proprio spartiacque tra l’epoca in cui si doveva andare in ufficio 5 giorni su 5 e quella in cui si può scegliere se entrare alle 7 ma anche alle 8, alle 9 o allo 10. E poi di conseguenza fare slittare l’uscita di un tempo analogo all’entrata. Ma si può scegliere anche se lavorare in smart working fino a 120 giorni all’anno (140 per chi lavora in turno), senza il tetto mensile. E poi ancora si può distribuire l’orario di lavoro su 5 giorni lavorando 7 ore e mezzo (quindi 37,5 ore settimanali che da luglio scenderanno però a 37, secondo l’accordo dell’ultimo contratto nazionale) oppure su 4 giorni, lavorando però 9 ore al giorno e guadagnando ogni settimana un’ora e mezzo. Con il pacchetto flessibilità «Intesa Sanpaolo è all’avanguardia in materia di organizzazione del lavoro», afferma Cascella. Ed è un po’ questa la percezione che ne hanno anche i lavoratori, tant’è che il manager parla di soddisfazione «dell’essere percepiti come un datore di lavoro innovativo, in grado di anticipare i cambiamenti della società. Questo risultato ci motiva nel percorso volto a favorire il benessere delle persone sul luogo di lavoro, in approccio di continua condivisione con le organizzazioni sindacali».

La criticità nelle filiali

Nel generale apprezzamento del pacchetto flessibilità da parte dei lavoratori, restano però alcuni aspetti da migliorare, soprattutto nelle filiali dove è in atto una sperimentazione a cui partecipano 40 filiali di grandi dimensioni e 250 di piccole dimensioni. Niente di strano allora che emerga una diversa percezione tra chi lavora allo sportello (meno positiva) e chi lavora nelle strutture centrali e nelle divisioni del gruppo (più positiva).

La richiesta di più giorni di lavoro da remoto

Tra tutti gli strumenti messi a disposizione, il lavoro flessibile e lo smart working è indicato come lo strumento più utilizzato tra quelli a disposizione: a dirlo è il 74%. L’apprezzamento? Il 99% di chi lavora in smart working, in futuro vuole continuare a farlo. Il 45%, quindi quasi la metà, però vorrebbe più giorni a disposizione. In media il 67% dei lavoratori dice di svolgere la propria attività in lavoro flessibile e smart working, percentuale che sale al 94% se guardiamo a chi lavora nelle strutture centrali e nelle divisioni del gruppo. La scelta è dovuta alla possibilità di conciliare lavoro e vita quotidiana come dice l’82%, ridurre i tempi e i costi degli spostamenti tra casa e lavoro (62%) e aumentare il benessere personale (62%). Rispetto al passato migliorano la capacità di concentrazione, la produttività e l’autonomia, così come la capacità di pianificare sul medio-lungo periodo, la motivazione, la creatività, la possibilità di aggiornarsi professionalmente. Non mancano però gli elementi di criticità: per il 47% di chi svolge l’attività in modalità flessibile, l’isolamento dal contesto lavorativo è il principale problema, insieme alla qualità delle relazioni con i colleghi e alla percezione che il merito sia valorizzato.

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