Uno su tre. Dei 1500 giovani iscritti alla Scuola di Design del Politecnico di Milano, quasi il 35% proviene dall’estero. Francia o Germania, oppure Cina e Iran o ancora Spagna, Portogallo e Sudamerica alimentano un flusso continuo di giovani che punta ad isciversi alle lauree magistrali proposte in lingua inglese, prese d’assalto con una richiesta complessiva che supera in media di 5-6 volte i posti disponibili.

Se il nodo del nostro Paese è storicamente la fuga dei cervelli, qui alla periferia nordovest della metropoli, nel quartiere della Bovisa, accade esattamente il contrario. «Noi abbiamo con altri atenei di tutto il mondo numerosi rapporti di scambio di studenti – spiega il preside Francesco Zurlo – ma abbiamo un problema strutturale di gap tra domanda e offerta: se dall’estero abbiamo tantissime richieste per venire a studiare qui, i nostri ragazzi non vogliono invece allontanarsi da questa città».

Difficile dar loro torto. Tenendo conto anzitutto del ranking internazionale della Scuola di Design del Politecnico di Milano, stabilmente da anni nella top ten mondiale in questa categoria e in grado nell’ultima graduatoria diffusa pochi giorni fa di guadagnare una posizione salendo al settimo posto assoluto.

Pubblico e privato

Ranking che si innesta però, a differenza di quanto accade altrove, ad esempio al Mit di Boston, in un ambiente esterno che sul design ha costruito un intero habitat: fatto di stilisti e case di moda, produttori di mobili e complementi d’arredo, eventi iconici e di richiamo per l’intero settore, dalle settimane delle sfilate al Salone del Mobile. Contesto economico alimentato a monte da una formazione di alto livello, che vede nel Politecnico di Milano la propria punta di diamante.

«Parlare di ecosistema – spiega Zurlo – in questo caso è assolutamente appropriato, tenendo conto della presenza in questa città di un complesso di elementi che si rafforzano a vicenda, avendo raggiunto nel tempo una massa critica sufficiente per questo salto di qualità. Ogni anno abbiamo richieste fino a sei volte oltre le nostre capacità e questo accade anche perché Milano è riconosciuta universalmente come la capitale del Design».

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