Dal Pil pro capite all’occupazione femminile l’Italia occupa spesso i gradini più bassi del confronto europeo nelle statistiche internazionali. I ritardi cronici di alcuni territori sono nel mirino delle politiche di coesione che, anche durante la prossima legislatura europea, dovranno aiutare l’Europa a ridurre i divari.

A misurare i progressi e le distanze sono le statistiche e, purtroppo, spesso l’Italia – e alcune province italiane – rappresentano il fanalino di coda di questa Europa a diverse velocità. L’amara certezza di ritrovarsi sul fondo o comunque al di sotto delle medie europee porta spesso il dibattito pubblico ad accendersi sulla necessità di fare qualcosa.

Alcune storiche performance si sono rivelate alle volte un alibi per governi incapaci di trovare la via per la crescita del nostro paese. Quando regolarmente negli ultimi anni i dati sono stati negativi si è spesso risposto a stretto giro: “L’Italia è sempre stata ultima, non dipende certo da questo governo”.

Eppure c’è ultimo e ultimo: il gap rispetto al resto dell’Europa alcune volte è recuperabile, in altri casi si è molto ridotto nel tempo, in altre circostanze è diventato un ritardo cronico. I dati forniti ogni anno dalla Commissione europea nelle mappe dell’ultimo Rapporto sulla coesione ci consentono di misurare, regione per regione, la distanza tra il nostro paese e la media europea.

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