Ci sono tre dati interessanti che emergono dall’Indagine congiunturale sui primi mesi dell’anno e le prospettive 2024 presentata da Confindustria e Unioncamere Emilia-Romagna con Intesa Sanpaolo. Il primo dato è che anche la solida manifattura della via Emilia non riesce a tenere testa alla grande debolezza e incertezza dell’economia globale e quel paio di decimali di punto di vantaggio rispetto ai trend nazionali (si prevede un +1,2% del Pil quest’anno e un +1,4% nel 2025) non bastano per evitare sequenze di segni meno su produzione (-3,7%), vendite (-3,5%) ed export (-3%) nel primo trimestre 2024. Il secondo dato è che le aziende stanno frenando gli investimenti non tanto e non solo perché latita il decreto Transizione 5.0 e per le nebbie sui mercati globali, ma perché non trovano le figure tecniche necessarie per far funzionare le nuove tecnologie: su 54mila entrate nel mondo del lavoro previste oggi dalle imprese in regione, oltre la metà sono profili introvabili: per operai, tecnici di processo e carpentieri la percentuale di distanza tra domanda e offerta ha superato l’80%. Il terzo dato è che in una fase storica in cui si decanta il reshoring e l’avvicinamento delle filiere produttive come reazione a protezionismi e conflitti, meno del 5% delle imprese ha modificato finora le proprie catene di fornitura (il 67% delle imprese con più di 50 dipendenti ha partner esteri, quota che nell’artigianato scende al 13%) e che tutti i settori e tutte le classi dimensionali in Emilia-Romagna stanno investendo oggi su fornitori cinesi.

L’ottimismo di Confindustria

«La Cina sta abbassando mostruosamente i prezzi, l’acciaio costa la metà che in Europa e il mercato cinese si sta riprendendo bene e ha bisogno di sostituire con gli europei il fatturato fin qui realizzato con partner statunitensi, che stanno letteralmente smontando le loro fabbriche in Cina per rimontarle in Vietnam e Paesi limitrofi», spiega Alessandro Malavolti, delegato di Confindustria Emilia-Romagna per l’internazionalizzazione.

I 658 milioni di euro di esportazioni perse nei primi tre mesi del 2024 dall’Emilia-Romagna (oltre la metà è meccanica) e il sorpasso degli Stati Uniti sulla Germania come primo partner commerciale non sono però un campanello d’allarme: «Siamo passati dagli anni 2020-2023 di forte espansione al forte rallentamento dell’ultimo trimestre 2023, proseguito nei primi mesi del 2024, ma ora leggiamo segnali di positività e ci aspettiamo una ripresa dal prossimo autunno e ancor più nel 2025», assicura Malavolti, ricordando che la regione sconta gli effetti del «grande malato Germania, che per cambiare paradigma impiega un paio d’anni», oltre alla domanda interna debole, al ritardo degli incentivi 5.0 e ai costi dell’energia ancora troppo alti rispetto ai competitor non solo extra Ue, ma alle vicine di casa Spagna (che paga l’elettricità un quarto di noi) e Francia (un terzo).

Gli effetti benefici del taglio dei tassi di interesse e bassa inflazione

«L’attuale fase di rallentamento, partita già dalla seconda metà del 2023, è ancora in corso ma la buona notizia è che i fattori di freno sono in attenuazione: da un lato l’inflazione sta oscillando oggi in Italia attorno all’1% (in Europa è sotto il 2,5% con l’attesa di una riduzione al 2%), dall’altro lato ci aspettiamo che i tassi di interesse già tagliati di 25 punti base, scenderanno complessivamente a metà del 2025 di 150 punti base e questo avrà effetti positivi per la ripresa degli investimenti in beni durevoli, che sono la specializzazione dell’Emilia-Romagna», rimarca Giovanni Foresti, responsabile ufficio studi Intesa Sanpaolo. Secondo l’indagine campionaria sul territorio emiliano-romagnolo condotta dal centro studi bancario è atteso da qui al 2025 un recupero dei consumi e del reddito delle famiglie (+1,5% nel 2024 e +2,5% nel 2025) e una ripresa anche della competitività estera con un trend medio annuo del +2,8% dell’export, meccanica inclusa. «Il fattore che ci induce all’ottimismo – aggiunge Foresti – al di là dell’indice Pmi globale tornato in terreno positivo, è che nell’ultimo ventennio le imprese manifatturiere della regione si sono rafforzate moltissimo dal punto di vista patrimoniale, il peso del patrimonio netto sull’attivo, che era del 14% nel 2020, oggi supera il 33% e anche la liquidità è raddoppiata». Una dinamica di lungo termine che smorza quindi la portata di dati congiunturali negativi, che vedono i prestiti alle imprese calare ancora nel primo trimestre 2024, «-5,1% anno su anno e -4,8% per le imprese industriali – precisa Alessandra Florio, direttrice Emilia-Romagna e Marche Intesa San Paolo – ma in netto miglioramento rispetto al -7,4% dello scorso dicembre».

Donne, giovani, nanismo i fattori critici

«Sapevamo dalla seconda metà del 2023 che gli ordinativi non erano buoni, ma le nostre aziende hanno tutte alle spalle bilanci ottimi, bilanci costruiti nel passato. La nostra forza non è però in discussione, è inespressa – interviene Valerio Veronesi, presidente Unioncamere regionale – perché il 50% delle figure che cerchiamo non le troviamo e nel contempo abbiamo il genere femminile che troppo spesso si stacca dal lavoro per la maternità: dobbiamo offrire più supporto e servizi per spingere la natalità e la permanenza delle donne al lavoro. E dobbiamo trattenere e far rientrare dall’estero i nostri giovani, con la Regione abbiamo avviato un ottimo lavoro in tal senso grazie alla legge per i talenti. Infine, siamo un popolo di risparmiatori, il più virtuoso assieme ai giapponesi, ma dobbiamo fare in modo di veicolare un po’ di quel risparmio dalle banche alle imprese».

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