Il rapporto dei giovani con le nuove tecnologie, l’Intelligenza artificiale e il metaverso. E’ il fulcro di un progetto “Futuri Probabili”, realizzato dalla Fondazione Leonardo- Civiltà delle Macchine, con il supporto di Intesa Sanpaolo, le cui prime conclusioni sono state presentate questa mattina a Montecitorio da Luciano Violante presidente della Fondazione. Si tratta di una ricerca durata due anni, svolta da un gruppo di giovani studiose coordinate dal dottor Marco Casu (Anna Giurickovic Dato, Ginevra Leganza, Regina Salviato) che ha intervistato oltre mille ragazze e ragazzi di tutta Italia (dal centro di Roma alla provincia di Brindisi, da Firenze a Melegnano, da Cagliari a Portogruaro, da Napoli a Torino),

Una ricerca multimediale, intergenerazionale e transdisciplinare sull’Italia di oggi e di domani, che ha allargato lo sguardo anche su altre questioni di rilievo: demografia, lavoro, tempo libero, partecipazione politica, informazione e disinformazione, dipendenza da social e da dispositivi ma anche impieghi didattici del gaming.

Violante: uso del digitale simile tra adolescenti del Nord e del Sud

«Si tratta della prima radiografia degli adolescenti fatta da se stessi. E quello che emerge è che non si può prescindere dal digitale, diventato una componente della vita quotidiana dei ragazzi» spiega Violante, che aggiunge come non si riscontri però un «passivo adeguamento» , bensì emerga una consapevolezza di non voler essere subalterni». Un tipo di reazione «rispetto all’utilizzo del digitale, simile in tutto il Paese, perché l’Italia degli adolescenti è molto più unita e coesa, senza troppe diversificazioni, dal Nord al Sud, rispetto al mondo degli adulti».

Le testimonianze dei ragazzi

La tavola rotonda coordinata da Annalena Benini, direttrice del Salone del Libro, è stata l’occasione per dare la parola ad alcuni dei ragazzi protagonisti della ricerca. Flavio Cesari, 15 anni, studente del primo Liceo Digitale d’Italia (IIS Carlo Matteucci) organizzato dalla Fondazione Leonardo, racconta: «Il metaverso può metterci in contatto con persone anche molto lontane. Se usato bene può portare ad un mondo migliore». Per Annalisa Giunta, 23 anni, sviluppatrice presso la Fondazione Olitec «la realtà immersiva nel 2030 ci porterà alla più grande rivoluzione tecnologica di sempre. Ma già ora l’IA è un grande strumento a livello giudiziario. Grazie ad essa, per esempio, è stato possibile fare luce sulla morte di Marco Pantani». Arons Sala, 11 anni, studente dell’Istituto Comprensivo San Francesco (Anguillara Sabazia), spiega: «Mi piacciono i giochi digitali e ne ho usato uno per costruirmi da solo un Colosseo, ho capito come costruire una forma ellittica partendo da un cerchio. Voglio dare sempre più sfogo alla mia creatività e da grande voglio studiare informatica e creare io un gioco nuovo».

Rischi e opportunità di IA e ChatGPT

Dalla ricerca emerge che i lavori che i ragazzi lascerebbero fare alla macchina sono sostanzialmente quelli pesanti, pericolosi e ripetitivi (edilizia, riparazioni, pulizie), settori nei quali si prevedono soltanto esigui margini di complementarietà umano-macchina nel prossimo futuro. Margini che invece crescono nelle professioni ritenute esclusivamente umane dalla maggioranza dei ragazzi: sanità e servizi sociali («la macchina non ha emozioni, può andare in tilt»). Più acceso, invece, il dibattito sul “giudice robot” e sull’impiego dell’IA in campo pedagogico. Quanto alla ChatGPT per fare i compiti, è uno strumento innegabilmente utile per le ricerche, semplifica lo studio, permette di risparmiare tempo. Ma a che prezzo? In particolare due studenti di design di Roma concordano sulle conseguenze di un utilizzo eccessivo dell’IA in campo artistico come in come in campo concettuale: delegare significa raggiungere in breve tempo un prodotto, ma significa anche la sostanziale perdita della maturazione personale che avviene nel corso della produzione. Fare i compiti è soprattutto un processo, solo in secondo luogo un pervenire al risultato.

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