«Tra autonomie regionali e stato centrale». A chiudere i confronti tra esponenti del centrodestra e del centrosinistra che hanno caratterizzato più di altre questa edizione del Festival dell’economia di Trento sono il leghista Maurizio Fugatti, presidente della provincia autonoma di Trento e già presidente della regione Trentino Alto Adige, e il democratico Eugenio Giani, presidente della regione Toscana. Il tema non può che essere quello dell’autonomia differenziata messa a punto dal ministro Roberto Calderoli che sta infiammando il dibattito alla Camera dei deputati e nel Paese (è proprio delle scorse ore la manifestazione contro l’autonomia che «spacca il Paese» organizzata a Napoli dalla Cgil e alla quale ha aderito la segretaria del Pd Elly Schlein). Autonomia sì, naturalmente, per Fugatti, che porta proprio il già autonomo Trentino come esempio di gestione virtuosa delle risorse del territorio. Autonomia sì ma non così, invece, per Giani. Con una convergenza inaspettata, lontano dalla battagli elettorale di questi giorni, su molte questioni di fondo.

Fugatti: «In Trentino resta il 90% delle risorse, così si incentiva la responsabilità»

Fugatti ci tiene innanzitutto a replicare alla vulgata “a Trento l’autonomia funziona perché hanno i soldi”. «I soldi per finanziare tutti i nostri servizi sono quelli dei trentini, visto che il 90% delle nostre risorse resta sul territorio – dice il “padrone” di casa -. A parte la moneta, la difesa e l’ordine pubblico gestiamo in proprio tutte le materie, ed è chiaro che questo porta ad una grande responsbailità, perché io non posso dire a chi mi ha eletto che non riesco a fare le cose per colpa di altri. Tutto, al netto dei fondi del Pnrr e altri fondi europei di cui naturalmente anche il Trentino beneficia, è finanziato con nostre risorse. Per altro con l’Accordo di Milano siglato nel 2009 con il governo Berlusconi e con il Patto di garanzia sigliato nel 2014 con il governo Renzi il Trentino contribuisce al risanamento dei conti pubblici nazionali con 350 milioni annui». Autonomia porta a maggiore responsabilità, dunque. E un leghista come Fugatti non può che essere felice se il modello trentino viene accolto anche dalle regioni a statuto ordinario.

Giani: «No all’autonomia differenziata, sì all’autonomia asimmetrica»

Quanto a Giani, ricorda che nella scorsa legislatura legislatura anche la Toscana, come l’Emilia Romagna, aveva presentato un proprio progetto di autonomia. Ma il governatore Toscano preferisce chiamarlo di «autonomia asimmetrica» invece che «differenziata» come quello del governo. In buona sostanza – spiega – ogni regione dovrebbe chiedere maggiore autonomia per le materie di eccellenza proprie del territorio e non per tutte le 22 materie elencate dal Ddl Calderoli: «Questo sì che porterebbe ad una disparità inaccettabile tra regioni del Nord e del Sud». Non a caso la proposta di autonomia avanzata dalla Toscana riguardava principalmente i beni culturali. «Nella nostra regione abbiamo il 20% dei beni culturali di tutto il Paese. Solo gli Uffizi fanno 38 milioni di incassi. E al territorio non arriva nulla. Dovremmo poter gestire noi queste risorse, e anche il personale che spesso manca». Lo stesso vale, sottolinea Giani, per i medici di famiglia che hanno contratti statali nonostante la sanità sia già ora di competenza regionale. «Perché non possiamo assumerli noi con contratti regionali? Così si riuscirebbe meglio a gestire le tante carenze sul territorio».

Sì alla costituzionalizzazione della Stato-Regioni e sì al terzo mandato

Diverse sfumature di autonomia, dunque, diversamente da quello che propone il dibattito a livello nazionale incentrato sul muro contro muro. Fugatti e Giani si dicono poi d’accordo su due temi importanti: favorevoli entrambi al terzo mandato («serve continuità amministrativa per mettere a terra grandi opere pubbliche», dice il governatore della Toscana in dissenso dalla posizione della segretaria del suo partito Schlein), entrambi pensano anche che vada rafforzato con una previsione costituzionale il ruolo istituzionale della Conferenza Stato-regioni come luogo di compensazione di interessi diversi. Anche per limitare i contenziosi davanti alla Corte costituzionale. Prove di dialogo bipartisan per il dopo elezioni europee? «In realtà lavorando assieme nella Conferenza Regioni e Stato-Regioni noi amministratori siamo già bipartisan di fatto», rispondono entrambi.

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