«Il redditometro? Sono stupito dal dibattito di questi giorni. È uno strumento ottocentesco. Con l’utilizzo dei dati e dell’intelligenza artificiale lo Stato potrebbe ottenere tutte le informazioni che vuole. Certo, l’ostacolo di chiama diritto alla privacy. E questo diritto viene utilizzato spesso per impedire una seria lotta all’evasione fiscale».

L’ex procuratore di Milano va dritto al cuore del problema dei capitali che svaniscono e si ritrovano nei paradisi fiscali. «Gli intermediari finanziari che operano off shore sono gli stessi di quelli che operano alla luce del sole nei paesi occidentali e non solo. Gestiscono allo stesso modo i capitali provenienti dalla criminalità che quelli dei grandi gruppi multinazionali. I canali sono i medesimi».

Le stime su quanto possa ammontare questo sterminato patrimonio che sfugge alla tassazione degli Stati sono quasi sempre al ribasso. Secondo Alessandro Santoro dell’Università Bicocca di Milano, i flussi di denaro non tassati raggiungono globalmente i 3,5 migliaia di miliardi di dollari, mentre in Italia si aggirano sui 60 miliardi di euro all’anno. Di questi, provengono dalle multinazionali internazionali circa 1,1 migliaia di miliardi, mentre il flusso di quelle italiane è di circa 20-25 miliardi.

«Negli ultimi anni – spiega Santoro – la visibilità di questo flusso è aumentata grazie ad un accordo internazionale tra gli Stati che prevede la tracciabilità e la comunicazione reciproca dei movimenti finanziari dei cittadini. Anche se è uno strumento pesantemente incompleto in quanto non hanno aderito né gli Stati Uniti né la Cina».

«La realtà – riprende Greco – è che il sistema dei fondi nei paradisi fiscali è diventato parte strutturale del sistema economico mondiale. Lo capiamo anche guardando quello che fanno le grandi imprese dell’economia reale, che stanno spostando la propria sede legale in quei paesi».

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