Intensità delle verifiche commisurata al rischio effettivo di violazioni; dieci mesi di libertà assicurata da nuove ispezioni per chi supera un esame con successo; diritto all’errore formale, con la possibilità di sanare senza sanzioni e in un tempo predefinito le violazioni che inciampano sulle regole senza però produrre lesioni effettive degli interessi pubblici tutelati. E una robusta dose di trasparenza per censire le condizioni effettive delle imprese e aggiornare la lista degli obblighi cancellando o sospendendo quelli che si rivelano inutili.

Zangrillo “Semplificare le norme per favorire le imprese”

Sul tavolo del Cdm

Al Consiglio dei ministri di oggi arriva alla tappa finale la riforma dei controlli sulle imprese. Il ridisegno, che pure non riguarda le verifiche fiscali e quelle collegate per esempio alla Segnalazione certificata di inizio attività per gli operatori economici che nascono, è profondo e prova a imporre un cambio di rotta radicale a un sistema che spesso in questi anni ha accoppiato onerosità e inefficacia delle verifiche. Il decreto legislativo che oggi otterrà l’approvazione finale da parte del Governo è il frutto di un lungo lavoro partito due anni fa; la miccia è infatti nella delega scritta all’articolo 27 della legge sulla concorrenza del Governo Draghi, e il cantiere è partito alla Funzione pubblica con Renato Brunetta per essere portato avanti e ora concluso dall’attuale ministro per la Pa Paolo Zangrillo , dopo un intenso confronto con le categorie ma anche con gli organismi internazionali, Ocse in primis, per cercare di mutuare le migliori esperienze nel settore.

Un sistema da rivedere

La riforma nasce dalla constatazione che i meccanismi attuali di verifica sulle imprese presentano un rapporto costi/benefici fallimentare. I casi di cronaca lo suggeriscono, ma al di là dell’aneddotica sono le analisi sistematiche a offrire le conferme più puntuali. Già nel 2011 la prima valutazione condotta da Funzione pubblica sugli «oneri amministrativi» aveva identificato il triplice problema rappresentato da verifiche concentrate sugli adempimenti documentali, dall’assenza di proporzionalità rispetto al rischio d’impresa e dalle frequenti sovrapposizioni che spesso moltiplicano senza coordinamento i soggetti controllanti sullo stesso soggetto.

Profilazione del rischio violazioni

Per provare ad archiviare questo scenario la riforma poggia prima di tutto sulla profilazione del rischio violazioni presentato da ogni azienda, sulla base del settore di attività, della dimensione, ma anche dell’adozione di certificazioni di qualità. Su quest’ultimo punto, anzi, il decreto prospetta la creazione di un meccanismo standard di certificazione, a cui provvederà l’ente nazionale di unificazione (Uni). Le imprese che aderiranno acquisteranno il diritto a subire controlli con un intervallo non inferiore a un anno, perché il loro rischio è per definizione più basso. Lo stesso accade naturalmente per chi ha superato una verifica con successo: per queste imprese scatterà una moratoria da nuovi controlli che nelle previsioni iniziali era a sei mesi, mentre su suggerimento dei pareri parlamentari viene estesa a dieci mesi.

Errore scusabile e interpello

Duplice poi è la contromisura individuata contro la giungla normativa che pesa sui controlli: un’equivalente dell’errore “scusabile”, e quindi sanabile senza sanzioni, e la possibilità di avviare un “interpello” con la Pa competente per prospettare una soluzione condivisa del problema: due meccanismi nati in un’altra giungla, quella fiscale, che possono tornare utili anche nei controlli.

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