Esiste ancora la corrispondenza tra la laurea e l’ottenimento di un buon posto di lavoro? Stando al Sistema informativo Excelsior di Unioncamere nel recente report “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine”, la risposta sembra essere affermativa, purché si tratti di lauree afferenti alle discipline economico-statistiche, al settore medico-sanitario ma anche a quello dell’istruzione e della formazione. Oltre, naturalmente, alle materie STEM (tecnico-scientifiche), ingegneria in cima.

Stando a questo studio, tra il 2024 e il 2028, quasi 4 posti di lavoro su 10 saranno rivolti a personale con un titolo di studio di livello terziario, quindi non solo università ma anche ITS Academy e “accademie” equiparate.

Un dato che si fa ancora più significativo se messo a paragone con il recente passato: esaminando i dati ISTAT risulta che nel 2022 i lavoratori in possesso almeno di una laurea rappresentavano solo il 24% degli occupati.

Gli unici che potrebbero fare meglio sono giusto i diplomati tecnico-professionali, i quali sono attesi da 1,4-1,7 milioni di posti di lavoro, corrispondenti al 46% delle offerte totali. Mentre i diplomati liceali, al momento, sembrerebbero in difficoltà perché  mediamente appena il 4% delle occupazioni (120-145 mila unità) sarebbe dedicato a quanti si fermeranno dopo questo titolo.

Tra i percorsi STEM – che dovrebbero offrire in media tra i 72mila e gli 82 mila posti di lavoro all’anno – quelli che spiccano di più in termini di fabbisogno atteso sono gli indirizzi ingegneristici, che oscillano tra le 36 e le 41mila unità all’anno. Da questo calcolo è esclusa l’ingegneria civile, analizzata a parte e per la quale si prevede l’assorbimento di circa 13-15 mila persone all’anno. Mentre l’ambito strettamente scientifico, a cui fanno capo matematica, fisica, informatica dovrebbe attestarsi sulle 12-14 mila nuove unità lavorative annue.

Ma le “notizie” arrivano soprattutto dai percorsi non-STEM. È proprio tra questi, infatti, che si registrano i numeri più alti in termini prospettici: a guadagnarsi il primato sono le discipline economico-statistiche, con un fabbisogno compreso tra le 44mila e le 50mila persone all’anno. A grande sorpresa, poi, la medaglia d’argento va all’insegnamento e alla formazione, comprese le scienze motorie, che possono contare su una previsione poco più bassa (42-45 mila unità). All’ultimo gradino del podio c’è poi l’indirizzo medico-sanitario, che si accaparra un terzo posto con le sue 38 mila unità annue. Non male nemmeno le performance potenziali dell’area giuridica e politico sociale (27-28 mila assunzioni annue previste).

In fondo alle classifiche, invece, si trovano: lato STEM, le scienze biologiche e tecnologiche e il settore chimico-farmaceutico; lato “altri indirizzi”, l’area di psicologia, il settore agrario-alimentare-zootecnico e quello linguistico. In tutti questi casi, nel periodo 2024-2028, verranno cercate meno di 10mila unità lavorative all’anno.

C’è da considerare anche la variabile “datore di lavoro”: laureati e affini, infatti, saranno preziosi soprattutto per la pubblica amministrazione, dove il fabbisogno di profili in possesso di un titolo di livello terziario dovrebbe schizzare al 79% del totale, un numero ben più alto di quello previsto per il settore privato, fermo al 27%.

Nel settore privato, invece, sembra maggiore la richiesta di figure diplomate, purché in materie tecnico-scientifiche

L’appeal delle figure con un background liceale, invece, rimane residuale: 4% per la pubblica amministrazione, 5% per il privato.

Condividere.
Exit mobile version