Un mese dedicato a una minoranza a livello globale. Una conquista, dopo 55 anni dai moti di Stonewall Inn, da cui ebbe inizio la lotta contro le discriminazioni della comunità Lgbtq+. Tutto cominciò nel 1969 con gli scontri che dal 28 giugno si aprirono fra la polizia, che aveva organizzato una retata nel bar di Christopher Street a New York, e manifestanti omosessuali e trans.

Pride 2024

Nel 2024 il Pride è una realtà in svariati Paesi al mondo. Così si va dalla prima parata Lgbtq+ a Kiev dopo l’inizio degli attacchi militari russi, che ha visto momenti di tensione per la contro parata organizzata da neonazisti, alla manifestazione a Lagos in Nigeria come sfida alla repressione; dalle migliaia di persone in strada per l’annuale Pride Parade di Gerusalemme alla celebrazione dei due spiriti dei nativi americani del villaggio di Miccosukee, in Florida. Manifestazioni che spesso travalicano il significato originario, per divenire espressione di libertà soprattutto nei Paesi in cui esiste una criminalizzazione per legge o di fatto contro la comunità Lgbtq+.

I dati della comunità

Una comunità che è andata via via allargando i propri confini come dimostra l’evoluzione dell’acronimo arrivato a contenere più sfumature degli orientamenti sessuali: Lgbtqiap+ che sta per lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer, intersessuali, asessuali, pansessuali con il + finale che apre a tutti gli orientamenti sessuali e le identità di genere non eteroconformi. Ma che allo stesso tempo ha aggregato consensi che vanno oltre la propria comunità.

In Italia, ad esempio, secondo un report di Pew Resaerch a livello globale il 73% degli italiani intervistati si dichiara a favore del matrimonio gay, in un panorama che vede le percentuali europee comunque ben più alte: in Svezia il 92%, nei Paesi Bassi l’89%, in Spagna l’87%, in Francia l’82% e in Germania l’80%. Percentuale, quella italiana, però alta se si confronta con i dati delle persone che si riconoscono nell’acronimo Lgbtq+: secondo il sondaggio Ipsos pubblicato per il Pride Month 2023, condotto in 30 nazioni del mondo e che ha visto coinvolte oltre 22.500 persone di età compresa tra i 16 e 74 anni, il 9% degli italiani si dichiara Lgbtq+. In particolare, il 2% si definisce omosessuale, il 3% bisessuale, l’1% pansessuali/omnisessuale e l’1% asessuale. C’è poi un 4% che si definisce transgender/genderfluid/non-binario.

Il dato italiano è in linea la media dei 30 Paesi, ma questa percentuale varia notevolmente tra le generazioni: i dati vanno dal 18% tra i GenZ al 4% tra i Babyboomers. A livello geografico, Spagna, Brasile e Olanda sono i Paesi ad avere il maggior numero di persone che si identificano come omosessuali, bisessuali, pansessuali/omnisessuale o asessuali. Al contrario, Polonia, Giappone e Perù sono i Paesi con le percentuali più basse.

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