Trimestre dopo trimestre l’economia nel complesso va bene, come dimostrano gli ultimi dati sul Pil e quelli sull’occupazione, ma è l’incertezza il male che frena i consumi delle famiglie. È quanto rivela l’ultima edizione dell’Osservatorio Confcommercio-Censis su consumi e fiducia. Pur rimanendo ancora lontani i livelli nel 2007, nel 2024 è prevista, in termini reali, «una crescita del reddito disponibile dell’1,4% e dei consumi attorno allo 0,9% e ciò testimonia la nostra visione complessivamente positiva della salute della nostra economia» dice Mariano Bella, direttore dell’Ufficio studi di Confcommercio. Dall’indagine, compiuta su un campione di mille famiglie, si vede come «il saldo tra ottimisti e pessimisti sulle aspettative future a sei mesi è 10 punti sotto rispetto a un anno fa e un po’ sotto i valori del 2018». Il barometro sulle intenzioni di acquisto segna “molto moderato”. Così dai grandi elettrodomestici all’auto, dall’abitazione ai prodotti tecnologici, le intenzioni rimangono «tutte sotto le auto-dichiarazioni rilevate prima della pandemia, cioè nel 2019 che per altro è stato un anno bruttino – sottolinea Bella -. In altre parole questo quadro specifico ci dice che non siamo affatto fuori dall’alone di rischio di tornare a tassi di variazione dell’attività economica attorno allo zero virgola niente, come nei vent’anni pre-pandemici, quelli del declino». Il calo della fiducia «riguarda soprattutto i giovani e le persone dentro il mercato del lavoro» continua il direttore dell’Ufficio studi di Confcommercio, elemento che contrasta con i numeri sull’occupazione. L’indagine evidenzia come «sia i giovani che i meno giovani indicano proprio nelle giovani generazioni i soggetti maggiormente fragili, dal punto di vista socio-economico ed occupazionale. L’aspetto più rilevante, e anche più inquietante, è che praticamente nessun giovane vede gli anziani come sezione di popolazione più in difficoltà» segnala Bella. Solo il 3,3% dei giovani tra i 18 e i 35 anni pensa infatti che la classe d’età degli anziani sia maggiormente attualmente penalizzata. Quanto al tema del declino demografico, «tutti, soprattutto i giovani, e con scarto significativo, sono preoccupati della dimensione economica del fare famiglia e fare figli, pertanto al di là delle complesse ragioni socio-demografiche è la questione del reddito da lavoro e delle condizioni economiche, tra cui l’edilizia abitativa, a comprimere la propensione a fare famiglia». Il 56,3% dei giovani tra i 18 e i 35 anni spiega infatti che il motivo principale per cui in Italia si fanno pochi figli è la difficoltà di trovare una occupazione stabile e un’abitazione dignitosa. «Nonostante qualche fragilità in alcuni settori produttivi, l’economia italiana tiene bene: occupazione in crescita, turismo vitale, soprattutto nella componente straniera, inflazione sotto controllo – commenta Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio -. Tuttavia, l’incertezza sul futuro rallenta investimenti e consumi. Per ritrovare fiducia serve, soprattutto, un taglio di mezzo punto dei tassi di interesse da parte della Bce e accelerare l’attuazione della riforma fiscale».

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