Stamane, come riportano i media locali, un gruppo di manifestanti si è scagliato contro il portone d’ingresso principale del Palazzo presidenziale, a Città del Messico, mentre il capo dello Stato, Andrés Manuel Lopez Obrador, teneva all’interno la sua quotidiana conferenza stampa con i giornalisti. In particolare, pare che il gruppo abbia scaraventato contro il portale un pickup bianco rubato, appartenente alla compagnia che fornisce l’energia elettrica a livello federale. Alcuni manifestanti sono stati arrestati, sempre secondo i media messicani.

Tornano a protestare, quindi, i messicani contro la sparizione, a Iguala nel 2014, di 43 giovani studenti di una scuola, rapiti dalle forze dell’ordine mentre si stavano recando nella capitale messicana per una raccolta fondi a bordo di tre autobus. Attaccati dalla polizia locale, morirono in otto, 25 furono feriti e gli altri 43, appunto, sparirono nel nulla. Secondo le ricostruzioni fornite in seguito e dopo dieci anni di inchieste, processi e battaglie legali, la versione ufficiale parla della soppressione dei 43 rapiti ad opera di una banda criminale, a cui le forze dell’ordine li avevano consegnati. Quello degli studenti di Iguala è uno dei casi di cronaca che hanno scosso di più il Paese centramericano.

A dieci anni da quei fatti, oltretutto, il Messico vive un anno nuovamente cruciale per la propria storia, dal momento che il 2 giugno prossimo si terranno le elezioni presidenziali.

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