Roma, 15 marzo 2024 – Anche se la morsa dell’inflazione sembra aver leggermente allentato la presa, prosegue l’esposizione delle famiglie italiane ad una maggiore fragilità finanziaria. I consumi tornano sopra i livelli pre-Covid (+2% la spesa per consumi III TRIM 2023 vs III trim 2022), ma il calo del reddito disponibile influisce negativamente sul bilancio di spesa familiare e in particolare sul modo in cui vengono spese le somme disponibili.

La politica monetaria della BCE rimane orientata alla prudenza e non si accenna, almeno nell’immediato, ad una rapida e sostanziale riduzione del costo del denaro. Nel biennio 2022-2023 i 95 miliardi di mutui erogati, tra nuovi e surroghe, a tassi più elevati rispetto al recente passato hanno fatto quasi raddoppiare il tasso medio delle consistenze, superando il 3%. Un effetto che è stato accentuato dalla quota di mutui a tasso variabile, che hanno registrato un picco tra settembre 2022 e febbraio 2023.
Questa situazione ha portato molte famiglie ad avere problemi con la gestione della rata del mutuo e, dove presenti, con le altre posizioni debitorie. La survey condotta sulle famiglie italiane evidenzia come tra il 50% degli italiani maggiorenni con almeno un finanziamento in corso, una su quattro teme di poter avere difficoltà nel 2024 a rispettare regolarmente il rimborso delle rate. È questa la fotografia scattata dalla prima edizione 2024 dell’Osservatorio SalvaLaTuaCasa di Save Your Home, realizzato da Nomisma.

L’Osservatorio della Società Benefit Save Your Home suddivide le famiglie italiane in 4 cluster: le famiglie solide, quelle resilienti, quelle in bilico e quelle insolventi. Dall’indagine emerge come le famiglie in bilico e quelle insolventi, che rappresentano complessivamente il 16% delle famiglie analizzate, siano quelle che si trovano in una posizione di maggiore criticità. Infatti, dalla survey emerge che, tra le famiglie in bilico, il 46% dichiara di avere in corso un prestito finalizzato all’acquisto di un bene o servizio (per le famiglie insolventi è pari al 44%), o un prestito legato ad una necessità di liquidità senza uno scopo predeterminato (30% delle famiglie in bilico e 20% delle famiglie insolventi), o una rateizzazione di pagamento tramite carta revolving o dilazione “Buy Now Pay Later” (25% delle famiglie in bilico e 43% delle insolventi).

L’Osservatorio rileva anche come a fine 2023, a causa del prolungato incremento dei tassi di interesse, aumentino le famiglie che devono sostenere una rata più alta. Infatti, l’incidenza delle famiglie con una rata mensile (tra mutuo e credito al consumo) superiore ai 700 euro è passata dal 27% al 40%. Ma le dinamiche più marcate e allarmanti sono quelle legate agli incrementi delle rate dei mutui a tasso variabile, che complessivamente rappresentano circa il 40% dello stock dei mutui attualmente in fase di rimborso da parte delle famiglie. La violenta risalita del costo del denaro in meno di due anni ha generato per questo gruppo di famiglie aumenti, che l’Osservatorio stima compresi tra il 35% ed il 119% della rata mensile, con una conseguente contrazione del reddito netto residuo disponibile fino al 51%. Tale aggravio del peso delle rate colpisce maggiormente gli italiani con un mutuo a tasso variabile e un reddito annuo lordo fino a 40mila euro (fascia che comprende il 90% dei contribuenti), con una significativa incidenza sul reddito residuo disponibile che, in molti casi, arriva addirittura al di sotto della soglia minima di sussistenza.La potenziale criticità è destinata a permanere anche nel medio termine, in quanto le prospettive di riduzione futura del costo del denaro sono graduali e diluite nel tempo. A questo si aggiunge un aumento generalizzato di altre spese che incidono sugli aspetti prioritari della vita: dalla sanità all’istruzione, fino ai generi alimentari e alle utenze domestiche. Una situazione che determina, inevitabilmente, una sempre più evidente polarizzazione della ricchezza. Malgrado il tasso di default delle famiglie sia complessivamente rimasto su livelli contenuti rispetto al livello minimo registrato negli ultimi cinque anni di osservazione, in mancanza di soluzioni efficaci nei confronti dei soggetti più fragili i tassi ancora elevati possono impattare sulla qualità del credito. Storicamente, l’aumento del tasso Euribor a 3 mesi si traduce in un aumento dei crediti deteriorati con un ritardo temporale di 12 – 18 mesi.

Di conseguenza, il significativo aumento del tasso Euribor desta preoccupazioni, se non sarà affiancato da interventi efficaci di supporto. Senza adeguate contromisure, si prevede nei prossimi mesi un deterioramento della qualità del credito, con conseguente aumento delle insolvenze.Una situazione, questa, che si rifletterà probabilmente anche sul mercato delle aste, stimate per il 2024 tra le 160mile e le 180mila (+12% rispetto al 2023).

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