Qualcosa in più lo capiremo stamane, dall’intervento che Giorgia Meloni terrà alla Camera per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno. Non l’esito della trattativa tra la premier e Ursula von der Leyen. Ma certo lo speech davanti al Parlamento offrirà a Meloni l’opportunità di ribadire alcuni punti fermi a partire dalla conditio sine qua non di «un ruolo di altissimo rango» per l’Italia nell’esecutivo europeo.

Fitto in pole

Il nome in pole position resta quello dell’attuale ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le Politiche di coesione Raffaele Fitto che ha un ottimo rapporto con la premier e con la stessa von der Leyen. Fu proprio Fitto a favorire due anni fa il primo incontro tra la presidente della Commissione e la neo presidente del Consiglio che contribuì a far cadere una serie di pregiudizi nei confronti della leader della destra italiana, favorendo anche il rafforzamento di un rapporto che ha visto più volte von der Leyen schierarsi al fianco di Meloni in primis sul fronte migranti: da Lampedusa a Tunisi fino all’Albania e più in generale all’approccio condiviso sulla cosiddetta “dimensione esterna” attraverso interventi diretti dell’Europa a sostegno dei Paesi di partenza o di transito.

E l’immigrazione sarà certamente uno dei temi centrali assieme a quelli di politica economica, a cominciare dalla tutela «dell’ industria europea» messa a dura prova dalla transizione green «ideologica» imposta dall’ex vicepresidente Timmermans e dalla debolezza delle «catene di approvvigionamento» del Vecchio Continente. Meloni starà bene attenta a calibrare le parole. Ricorderà l’esito del voto del 9 giugno, l’insoddisfazione manifestata dagli elettori verso l’Europa, l’avanzata delle destre, il successo ottenuto dal suo governo. E soprattutto tornerà a ripetere che «prima dei nomi» bisogna conoscere «i programmi».

La risoluzione di maggioranza

Lo aveva già detto in occasione dell’incontro informale di una settimana fa, quando i portavoce di Ppe, Pse e Renew si presentarono al tavolo con un pacchetto di nomi chiuso mandando la premier su tutte le furie. Il copione adesso va ribaltato e sarà su questo che si concentrerà anche la risoluzione di maggioranza. Che però non potrà mettere troppi paletti alla premier. È lei che siederà al Consiglio europeo con gli altri 26 ed è lei che dovrà ufficializzare la posizione italiana in vista del passaggio alla Plenaria di Strasburgo del 18 luglio.

Meloni fino all’ultimo non scioglierà la sua riserva. Il «no» dell’Italia, terzo Paese della Ue, sarebbe certo clamoroso e metterebbe a serio rischio il bis di von der Leyen . Anche perché sarebbe difficile per la presidente uscente ottenere la riconferma senza il sostegno “esterno” dei 24 Fratelli d’Italia di Meloni .

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