Dopo l’allarme lanciato dall’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), che ha evidenziato quasi 60mila casi di pertosse in tutta Europa nel corso del 2023 e fino ad aprile 2024 (registrando un incremento di oltre 10 volte rispetto agli anni 2022 e al 2021), anche la Società Italiana di Pediatria lancia un’allerta per l’epidemia di pertosse che sta colpendo principalmente neonati e lattanti non vaccinati e che ha fatto registrare tre morti di piccoli lattanti dall’inizio dell’anno con un aumento dell’800% dei ricoveri rispetto allo scorso anno.

La pertosse è una malattia fortemente contagiosa e pericolosa, soprattutto nei primi mesi di vita e nei neonati che hanno un maggior rischio di complicanze e di decesso. In questa fascia di età la mortalità è compresa tra l’1 e l’1,5%. Possiamo tutelare questa popolazione particolarmente vulnerabile attraverso l’immunizzazione della mamma durante il secondo e terzo trimestre di gravidanza, altamente sicura ed efficace nel proteggere i bambini ancora troppo piccoli per poter essere vaccinati”, dichiara la Presidente della Società Italiana di Pediatria Annamaria Staiano. “Invitiamo le donne in gravidanza a fare la vaccinazione contro la pertosse perché in gioco c’è la vita dei nostri piccoli. È inaccettabile che nel 2024 si possa morire a causa di malattie infettive per le quali esistono vaccini efficaci e sicuri”.

In Italia da gennaio a maggio 2024 sono stati  registrati 110 casi di pertosse, con oltre 15 ricoveri in terapia intensiva di piccoli lattanti. I dati sono resi noti dal prof Alfredo Guarino, Presidente della sezione Campania della SIP e sono stati ottenuti nell’ambito di un progetto PNRR, il progetto INF-ACT, che ha lo scopo di sviluppare nuove strategie per l’identificazione precoce, prevenzione e terapia di minacce infettive. I dati sono stati raccolti in 7 centri di elevata specializzazione distribuiti sull’intero territorio nazionale. La maggior parte  dei casi di pertosse è stata registrata in Campania, Sicilia e Lazio.

Abbiamo assistito a un aumento dei ricoveri per pertosse dell’800% rispetto al 2022 e al 2023, che hanno riguardato nella maggior parte dei casi neonati e lattanti non vaccinati sotto i 4 mesi di età. Il 95% delle madri di questi bambini non era vaccinata e l’80% non aveva ricevuto alcuna informazione sulla disponibilità di una vaccinazione prenatale” afferma Alfredo Guarino coordinatore della  rete clinica INF-ACT . “Il modello sviluppato  consente di identificare precocemente minacce infettive attraverso la condivisione continua  di dati tra i centri e la disponibilità di un database che copre tutto il territorio nazionale. I dati si riferiscono a bambini ospedalizzati in condizioni cliniche serie e sono quindi certamente da considerare casi gravi,  pertanto, sono solo la punta dell’iceberg rispetto alla circolazione della pertosse, in quanto non sono considerati i casi non ospedalizzati. Le dinamiche e l’analisi di flusso forniscono i trend ma non i numeri assoluti che arriveranno solo  più tardi e consentono quindi interventi precoci in termini di sanità pubblica. In queste circostanze l’Organizzazione Mondiale di Sanità considera l’anticipo della vaccinazione antipertosse nei piccoli lattanti anche prima del terzo mese e una campagna di sensibilizzazione della popolazione e in particolare delle donne gravide. Particolarmente preoccupante la situazione nella nostra regione, la Campania, dove abbiamo registrato oltre 30 ricoveri di lattanti affetti da pertosse nei centri di malattie infettive pediatriche di Napoli”, prosegue Guarino.

Fabio Midulla, Responsabile della Pediatria d’urgenza dell’ospedale e Professore Ordinario di Pediatria alla Sapienza di Roma afferma: “Diciassette pazienti sono stati ricoverati per pertosse nei primi 4 mesi del 2024 all’Umberto I di Roma, di cui tre sono finiti in terapia intensiva. Nello stesso periodo dello scorso anno avevamo registrato un solo caso. Questo è il primo picco epidemico di pertosse dopo il Covid-19;  le ragioni non sono ancora chiare ma sembrano essere collegate a diversi fattori, tra cui le limitazioni causate dalla pandemia di Covid-19 che hanno interrotto la diffusione dei patogeni respiratori comuni, influenzando negativamente anche la copertura vaccinale”. 

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