L’illusione di dicembre svanisce già, con la rilevazione Istat di gennaio ad annullare del tutto il progresso (inatteso, per la verità) registrato a fine 2023 per la produzione industriale. L’output dell’industria ora arretra infatti dell’1,2% su base mensile, del 3,4% nel confronto annuo. Bilancio negativo peraltro lievemente migliorato nella media dalla risalita dell’energia, con cali diffusi invece per tutti i macro-comparti, dai beni di consumo a quelli durevoli, con la manifattura a cedere su base annua il 3,7%.

Frenata corale che Istat registra in 13 settori su 16: l’unico comparto manifatturiero in senso stretto a “salvarsi” è quello alimentare, in progresso però soltanto dello 0,6%. Altrove invece si palesano soltanto segni meno, con le flessioni più pronunciate per elettronica, legno-carta e farmaceutica. Giù anche l’area dei macchinari e dei beni strumentali, comparto che attende la messa a terra delle misure 5.0 con gli ultimi decreti attuativi (da emanare entro l’inizio di aprile) e che dal lato della domanda interna si mette almeno in parte in posizione di stand-by aspettando i bonus.

Clima non brillante confermato del resto anche dalle indicazioni qualitative Istat, con gli indici di fiducia delle imprese a flettere in ogni comparto. Per le aziende manifatturiere, in particolare, si riducono sia le valutazioni attuali su ordini e produzione che le attese per queste variabili nei prossimi mesi. Deboli anche le ultime indicazioni sui consumi, a giudicare dai dati delle vendite al dettaglio, sostenute a valore solo dalle dinamiche di prezzo, mentre nei volumi si palesa l’ennesimo calo: su base annua siamo così arrivati al ventesimo mese consecutivo di riduzione.

Traino per l’industria che al momento non arriva neppure dall’export, in grado nell’ultima rilevazione di gennaio solo di contenere i danni (-0,2%) anche per effetto della continua debolezza degli acquisti dalla Francia e dalla Germania.

Soffre anche l’Europa

La situazione in effetti non pare brillante neppure oltreconfine, con la manifattura francese a cedere l’1,6% mensile in termini di produzione e Berlino ad evidenziare continue difficoltà. Anche se a gennaio in Germania è visibile una ripresa di un punto su base mensile, in termini annui la frenata della produzione è del 5,5%, con un indice che resta ampiamente al di sotto dei valori pre-Covid. A prreoccupare sono però soprattutto le prospettive, visibili in un calo mensile degli ordini dell’11,3% (-6% su base annua), con un volume complessivo mai così ridotto come dai tempi del Covid (giugno 2020). Rallenta in modo evidente in particolare il settore edile, trascinando al ribasso un ampio indotto, come accade in Italia: i nuovi permessi di costruire a gennaio sono in calo del 24%, quasi dimezzati rispetto al periodo pre-crisi, dopo 25 mesi consecutivi di riduzioni, spesso a doppia cifra. Nell’intero 2023 le case costruite sono state 91mila, dalle 136mila dell’anno precedente. Tiene (ma non brilla) il settore auto: c’è in effetti una crescita del 12% nel primo bimestre in termini di immatricolazioni e tuttavia, guardando alla domanda per i nostri componentisti, la produzione interna cede tra gennaio e febbraio il 5%, invertendo la rotta dopo un 2023 in crescita.

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