«Residuale» e il nuovo decreto è a tutela dei cittadini onesti. A provare a sedare il fuoco delle polemiche politiche sul risveglio del redditometro (dopo la pubblicazione del decreto atteso da sei anni) è il direttore delle Entrate Ernesto Maria Ruffini. La ricostruzione sintetica del reddito in base alle spese e agli investimenti sostenuti non sarà per tutti ma solo per pochi. Anzi, lo è sempre stato.

In base a una dichiarazione raccolta dall’Ansa a margine di un convegno a cui ha partecipato, Ruffini ha infatti sostenuto che «il redditometro è sempre stato uno strumento residuale, utilizzato solo quando l’amministrazione finanziaria non ha alcun elemento per ricostruire il reddito di un contribuente, come nel caso degli evasori totali che non hanno presentato la dichiarazione, non hanno redditi, ma dimostrano di avere una significativa capacità di spesa».

Scostamenti oltre il 20%

A rigore di norma, l’accertamento sintetico e con il redditometro è ammesso solo a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto (quindi il 20%) rispetto a quello indicato dal contribuente in dichiarazione dei reddiiti. Anche in considerazione dell’obiettivo di dare la caccia ai grandi evasori, il Fisco punterà sugli scostamenti più ampi tra quanto ricostruito in base alla lista delle spese e degli investimenti e ai valori effettivamente indicati in dichiarazione.

Il direttore delle Entrate: tutela dei cittadini onesti

Ruffini ha spiegato che «l’accertamento basato sul redditometro non è mai stato eliminato dal nostro ordinamento, era stato solo sospeso in attesa dell’emanazione di un decreto ministeriale basato su indicatori più attendibili, a tutela dei cittadini onesti».

Il nuovo decreto

Nel 2018 il decreto Dignità (Governo Conte 1 sostenuto da M5S e Lega) aveva cancellato il vecchio decreto del redditometro, rivisto e corretto dal Governo Renzi nel 2015, lasciando invece in vita l’accertamento sintetico e soprattutto prevedendo un nuovo provvedimento attuativo con l’indicazione puntuale delle voci di spesa (e dei dati considerati) per definire la reale capacità contributiva dei cittadini.

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