Sono circa 30mila le persone in Italia affette da sclerosi sistemica (sclerodermia). La malattia, patologia autoimmune rara, cronica e progressiva, colpisce la cute, i vasi sanguigni, nonché gli organi, come cuore, polmoni, reni, e gli apparati digerente e muscoloscheletrico

In occasione della Giornata mondiale della sclerodermia (il 29 giugno), la Italian World Scleroderma Foundation (IWSF) ed il Gruppo Italiano per la lotta alla sclerodermia (GILS Odv Ets), sotto l’Alto patrocinio della Presidenza della Repubblica, promuovono due appuntamenti per fare luce sulla malattia. 

Le cinque azioni che possono migliorare la vita dei pazienti

Sono cinque le azioni che possono migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da sclerodermia. Non solo una maggiore sensibilizzazione dei medici di medicina generale, ma la creazione di una rete dei centri specializzati sul territorio nazionale, l’agevolazione di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta) omogeneo, cure domiciliari da parte di operatori sanitari qualificati, e una continua promozione della ricerca di base e la sperimentazione clinica.

L’obiettivo è migliorare la diagnosi precoce, la presa in carico, la cura e la terapia

La sclerodermia

Il nome sclerodermia vuol dire “cute dura”, ed è proprio questo che noi cerchiamo di bloccare e di evitare con le nuove terapie – spiega Marco Matucci Cerinic, ordinario di reumatologia dell’Università di Vita Salute San Raffaele di Milano e Presidente dell’Italian World Scleroderma Foundation (Iwsf) -. Oggi riusciamo a fare diagnosi molto più precocemente e possiamo contare su trattamenti di tipo immunosuppressivo e antifibrotico, inibendo la sua capacità di progredire e quindi di arrivare verso quella che noi chiamiamo la fibrosi. Nuove speranze arrivano anche dalle terapie con le cellule Car-T per inibire definitivamente l’evoluzione della malattia”. 

Il coinvolgimento delle istituzioni

Necessario, però, anche il coinvolgimento delle istituzioni. “C’è un tavolo nazionale, c’è un finanziamento ripartito per le regioni per attivare dei piani di intervento, di programmazione, di gestione delle malattie rare – dichiara Luciano Ciocchetti, vice presidente della Commissione XII Affari Sociali e promotore dell’iniziativa- Bisogna fare di più nella presa in carico dei pazienti, nella definizione dei PDTA, nella definizione della formazione dei medici di medicina generale e degli specialisti territoriali e potenziare il lavoro che le aziende sanitarie locali in tutto il paese svolgono dal punto di vista territoriale”. 

La voce dei pazienti

Da parte delle Associazioni che rappresentano le esigenze di coloro che sono affetti dalla malattia, emerge la necessità di aumentare la sensibilità dell’opinione pubblica sui sintomi e sugli effetti sulla vita quotidiana. “La fibrosi polmonare è una complicanza che può avere un impatto serio sia sulla salute e sul decorso della patologia, sia sulla qualità di vita del paziente. La mancanza di fiato rende ogni cosa della vita quotidiana più complessa e faticosa”, ricorda Ilaria Galetti, vice presidente della Federation of European Scleroderma Associations (FESCA). “Nei casi più seri – continua – ne possono risentire anche la sfera lavorativa, sociale e sessuale. Non sono molti i farmaci che servono a prevenire un peggioramento e la fibrosi non è reversibile. I pazienti con una fibrosi importante debbono fare ossigenoterapia; il problema, in questo caso, è il poter vivere una vita sociale, in quanto se la bombola si esaurisce (dura infatti poche ore) non vi è la possibilità di ricaricarla, nemmeno nelle farmacie”. 

“E’ necessario istituire percorsi diagnostico terapeutici multidisciplinari riservati– afferma Paola Canziani, presidente del Gruppo Italiano per la lotta alla sclerodermia (GILS) –, così come la garanzia dell’uniformità delle cure”.

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