«È una sconfitta del calcio italiano, con questa offerta il calcio morirà». Non si può dire che ad Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli campione d’Italia ma che si avvia, ormai, a scucirsi lo scudetto dalle maglie, manchi il gusto del coup de théâtre. Allora il palcoscenico fu la conferenza stampa dell’ad della Lega Serie A, Luigi De Siervo, subito dopo l’approvazione da parte dell’assemblea dei club dell’accordo con Dazn e Sky per i diritti audiovisivi dei prossimi cinque anni. Diciassette voti a favore, due contrari e Napoli che non avrebbe partecipato al voto. «Sky e Dazn – ha chiosato De Laurentiis – non sono competenti, non fanno bene al calcio italiano».

«La stupidaggine assoluta – aggiungeva il presidente del Napoli – è di fare un accordo per cinque anni, quando sei mesi fa è venuta fuori l’Arabia, ora c’è la guerra i cui sviluppi non si sa dove ci porteranno. Però sappiamo che in momenti di crisi cinema e calcio sono due cose che vanno fortissime, sono le panacee ai dolori del quotidiano».

Il piano De Laurentiis del 2020

Non una posizione out of the blue quella di De Laurentiis, espressa platealmente davanti a un attonito De Siervo che, davanti ai giornalisti, era andato con un accordo per i diritti Tv per la prima volta firmato con mesi di anticipo e non sul filo di lana come per le precedenti assegnazioni. Una posizione che non nasce nel vuoto e che affonda le sue radici negli anni. Già nell’estate 2020, ben prima dell’assegnazione a Dazn-Tim – con tutto il bailamme che ne è seguito – per il 2021-24, circolavano bozze di un’ipotesi di canale della Lega sottoposta da Aurelio De Laurentiis agli altri presidenti dei club del massimo campionato. Un canale della Lega da soli, senza far leva su private equity e fondi di investimento, se non in veste di finanziatori, più o meno in alternativa al credito bancario.

Introiti per la Serie A fino a 2,9 miliardi

Il piano messo sul tavolo da De Laurentiis e allora visionato dal Sole 24 Ore puntava a introiti, da subito, di 2,5 miliardi per arrivare a 2,9 miliardi all’anno alla fine di un quinquennio con 5,2 milioni di abbonati (dai 4 di partenza). In questi ricavi ci sarebbe qualcosa come 330 milioni da ricavi internazionali (una stima definita prudente) oltre a Coppa Italia, Supercoppa, adv, introiti da bar ed esercizi commerciali. Il tutto con un livello di costi che negli anni erano previsti lievitare da 264 a 350 milioni per utili sempre crescenti da 1,8 (raddoppiati quindi da subito rispetto agli incassi attuali da diritti tv) a 2,6 miliardi annui alla fine del quinquennio. Il presidente del Napoli avrebbe voluto già da allora 20 club di Serie A slegati dai destini dei licenziatari dei diritti e comunque senza l’apertura della media company a un fondo di private equity come invece era previsto dall’allora progetto della Lega Serie A presieduta da Paolo Dal Pino e guidata dell’ad Luigi De Siervo.

La «chiamata» delle piattaforme

Non è andata così. Ma il progetto di una Lega in grado di produrre da sola e di mettersi sul mercato è rimasto il pallino del produttore cinematografico. La Serie A avrebbe avuto ( e avrebbe, ha continuato a dirlo) tutte le competenze per farlo secondo il vulcanico presidente del club partenopeo. Una Serie A che produce da sola le partite per poi usare le varie piattaforme, da Netflix, ad Amazon Prime Video a Paramount + e via dicendo, come distributori fisici. Questa l’idea, spiegata urbi et orbi anche attraverso il Financial Times.

Condividere.
Exit mobile version