Governare per non subire, programmare per non restare al palo. Vale per l’intelligenza artificiale, ma vale forse a maggior ragione per lo spazio. «Su questo tema la collaborazione europea dal punto di vista della programmazione, della distribuzione dei compiti e della cooperazione tra i Paesi è fondamentale», ha affermato Paola Severino, presidente della School of Law della Luiss Guido Carli e della Scuola nazionale dell’amministrazione, in dialogo su “Economia dello spazio e regole” nella prima giornata del Festival dell’Economia con Roberto Battiston, ordinario di fisica sperimentale all’Università di Trento, già presidente dell’Agenzia spaziale italiana dal 2014 al 2018.

Governance e strategia per attivare i privati

Una giurista e uno scienziato, dunque, entrambi convinti che soltanto vincendo la frammentazione e le rivalità tra Stati l’Europa potrà giocare la partita della space economy senza soccombere davanti ai maxi investimenti delle superpotenze, Stati Uniti e Cina in testa. La ragione è semplice, come ha spiegato Battiston: «Per partecipare alla sfida tecnologica in corso occorre attivare i privati: equity, ma soprattutto venture capital dove l’Europa ha un deficit a “due zeri” e l’Italia “a tre zeri” rispetto agli Usa». Oltreoceano questo modello «ha permesso un passaggio ai privati dei servizi in orbita bassa, come i razzi che servono la Stazione spaziale internazionale, prima sviluppati dalla Nasa», ma l’adozione di questo sistema è avvenuta durante l’attività «di tre-quattro presidenti americani: significa che sono investimenti da inquadrare in una prospettiva di medio-lungo termine».

L’urgenza di un programma europeo

Per questo Severino ha evidenziato l’urgenza di un «programma europeo unitario». Lungimiranza e unità d’intenti sono indispensabili salire sul treno del presente, non del futuro. «Già oggi i servizi offerti dallo spazio sono tali e tanti che se si fermassero ce ne accorgeremmo un istante dopo», ha ricordato Battiston. «Dalle telecomunicazioni al Gps, funzionano così bene che ce ne dimentichiamo. Ma questa è l’economia dello spazio tradizionale».

Nuove frontiere, nuovi dilemmi

Le nuove frontiere pongono nuovi dilemmi. «Sull’economia dello spazio – ha fatto notare Severino – pesano da una parte gli immensi guadagni che possono accompagnare iniziative come quella di Starlink e di Starshield che danno a Elon Musk l’oligopolio delle comunicazioni satellitari e il monopolio di una costellazione di satelliti spia commissionati dalla Cia. Ma anche gli enormi costi che gli Stati dovrebbero accollarsi per spazzare via i rifiuti prodotti dai satelliti da loro lanciati in orbita e che continuano a girare nello spazio. Senza che sia stato creato alcun ente, di origine internazionale, che sia dotato di poteri di intervento a tutela della cybersicurezza, della privacy e della libera concorrenza».

La chiave dell’interdisciplinarietà

Che ricerca, accademia e industria debbano viaggiare insieme è convinzione comune. «Anche perché – ha osservato il fisico – lo spazio e i satelliti cominciano a costare meno, quindi le idee si possono realizzare con maggiore facilità». Per la presidente della Luiss School of Law, «interdisciplinarietà è la parola chiave»: «Oggi per fare il giurista occorre saperne qualcosa di fisica, di spazio, di intelligenza artificiale, di cybersicurezza. Anche i vertici della Pubblica amministrazione devono essere formati».

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