La strada da battere per accelerare il passo è chiarissima. E richiede, da un lato, l’incremento dell’efficienza nell’uso dell’energia e un aumento significativo del ricorso alle fonti rinnovabili, e, dall’altro, la massimizzazione dell’efficacia dei meccanismi incentivanti, legandoli all’effettivo beneficio raggiunto, ma anche una maggiore armonizzazione della normativa, anche attraverso l’adozione di testi unici come punti di consistenza.

Necessario cambio di passo

È questa la rotta tracciata nello studio “Roadmap to 2030: scenari e indicazioni di policy alla luce dei nuovi target di decarbonizzazione” realizzato da Engie in collaborazione con il dipartimento “Energy & Strategy” del Politecnico di Milano, i cui contenuti sono stati illustrati da Vittorio Chiesa, chairman Polimi Graduate School of Management. «La transizione energetica pone obiettivi estremamente sfidanti e richiede nei prossimi anni un cambio di passo», ha spiegato Chiesa per poi evidenziare come l’analisi, con un focus incentrato sul contesto emissivo italiano e sulla prospettiva di riduzione dei consumi energetici, evidenzi dei gap tra le attuali traiettorie di sviluppo (Business as usual) al 2030 e i target previsti nell’aggiornamento del Pniec e derivanti dalla normativa europea.

Strumenti incentivanti

Da qui la necessità, suggerisce il documento molto dettagliato, di accelerare su una serie di binari, a cominciare dall’efficienza energetica che svolge un ruolo chiave nella proposta di aggiornamento del Pniec, ma la cui attuale velocità di marcia non consentirebbe comunque di centrare l’obiettivo fissato nel piano governativo, pari a 100 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep). Ecco perché, si legge nel documento, è necessario far leva su una serie di elementi, come la presenza di un quadro normativo che accompagni una visione di lungo periodo ma anche l’implementazione di meccanismi e schemi a supporto che agiscano come catalizzatori e promotori del nuovo impulso di cui la revisione del Pniec è fautrice. Mettendo ordine, come suggerisce anche il confronto con gli altri Paesi europei, all’eccessiva frammentazione del panorama degli strumenti incentivanti. Dove, malgrado le numerose sovrapposizioni, viene comunque evidenziato il ruolo di traino per l’efficienza energetica esercitato da soluzioni come i certificati bianchi e il conto termico.

Dal residenziale all’industria

Lo studio passa quindi in rassegna lo stato dell’arte dei vari settori, a partire dal residenziale e dall’industria, per ribadire anche qui l’ampia forbice di investimenti nel periodo 2024-2030 e, soprattutto, il fabbisogno aggiuntivo stimato in quasi 60 miliardi di euro per raggiungere gli almeno gli obiettivi del Pniec rispetto a quanto stimato nello scenario Bau. Analoga riflessione caratterizza anche il possibile apporto della pubblica amministrazione, chiamata ad assumere un ruolo guida nel percorso di transizione energetica ma che necessita di una serie di spinte. Che vanno dall’ampliamento del potenziale di mercato all’aumento dell’attrattività del settore per gli investimenti privati, anche attraverso il sostegno alla diffusione di strumenti come gli energy performance contracts e il partenariato pubblico-privato, passando per l’introduzione degli obblighi di settore.

Teleriscaldamento

L’analisi illustrata ieri da Chiesa indica poi alcune leve tecnologiche su cui puntare per imprimere una sterzata alla traiettoria dell’Italia. Tra questi figura il teleriscaldamento, il cui potenziale di penetrazione è pari a 38 terawattora l’anno (quindi quasi 4 volte superiore alla diffusione attuale) con volumi che potrebbero soddisfare l’8% del fabbisogno termico nazionale, a fronte di investimenti annui stimati tra 7 e 10 miliardi di euro.

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