Che il 2023 sarebbe stato un anno difficile – rispetto alla cavalcata dei due anni precedenti – era ben chiaro alle aziende della filiera legno-arredo italiana sin dal primo trimestre dell’anno, quando la crescita inarrestabile (e a doppia cifra) degli ordini aveva iniziato a dare segni di rallentamento, sebbene i ricavi fossero ancora sostenuti dalla chiusura e fatturazione di commesse pregresse. I risultati del secondo trimestre avevano confermato la frenata in atto, soprattutto sul fronte esportazioni, mentre il mercato interno era ancora sostenuto dall’effetto dei bonus fiscali sull’edilizia.

Il rallentamento – frutto in parte di una normalizzazione della domanda dopo due anni del tutto straordinari, ma in parte anche di un calo della domanda globale – si è confermato nei trimestri successivi, cosicché il settore ha chiuso l’anno con un calo dell’8,1% del fatturato alla produzione, come rilevano i dati preconsuntivi diffusi da FederlegnoArredo, scendendo a 52,6 miliardi di euro di valore, con un andamento negativo più accentuato sul mercato domestico (-10.1%), a causa del depotenziamento progressivo degli incentivi sopra citati, e un calo più contenuto delle esportazioni (-4,5%).

A livello delle singole macro-aree, si evidenzia una flessione più marcata per l’industria del legno, che ha registrato ricavi in diminuzione dell’11,6%, mentre quella del mobile contiene il calo a un -3,4% (con un dato più o meno simile sia per l’Italia, sia per l’estero), scendendo a 28 miliardi di euro di fatturato complessivo.

L’effetto-inflazione

«L’arredo si è difeso – osserva Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo –: un calo del 3,4% non è drammatico, anche perché nel corso del 2023 non ci sono stati aumenti significativi nei listini, come invece nel 2022, perciò il dato dei ricavi, 28 miliardi, è effettivo, non sporcato, per così dire, dall’inflazione. Quindi riflette un calo industriale rispetto all’anno prima, ma con valori ancora straordinari». In effetti, le analisi comparative del centro studi Fla dimostrano che, in termini di volumi prodotti, il dato del 2023 è solo leggermente inferiore a quello del 2019, mentre a livello di filiera i valori sostanzialmente si equivalgono. A dimostrazione che l’effetto inflattivo sul sistema arredamento è stato più incisivo di quanto non sia stato per il sistema legno, che tuttavia ha visto crollare i ricavi, in particolare in Italia, per la combinazione di due fattori: «Per il legno c’è un fattore prezzi strettamente legato a quello delle materie prime e dell’energia – dice ancora Feltrin –. I ricavi delle imprese sono quindi scesi anche grazie alla riduzione dei costi produttivi, oltre che, purtroppo, anche a causa di una contrazione della domanda».

In generale, su tutta la filiera l’effetto inflattivo è evidente: «Rispetto al 2019, il fatturato di quest’anno è superiore di quasi 10 miliardi di euro. Un risultato apparentemente positivo, ma che nasconde in realtà il peso dell’inflazione registrato già a partire dalla fine del 2022 – aggiunge Feltrin –. È sufficiente guardare i dati Istat della produzione industriale per interpretare il dato: nei primi 11 mesi del 2023, la produzione industriale dei mobili registra un calo del 5,3% e quella del legno del 14,8%. Si produce meno, i ricavi rimangono comunque più alti rispetto a quelli del periodo pre Covid a causa dell’aumento dei prezzi, che per il mobile è stato del 6,5% circa, ma i margini delle aziende si riducono».

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