Un cambiamento significativo, quindi, rispetto alla bozza circolata fino a poche ore prima, la quale prevedeva invece che il ministro della Giustizia nominasse commissioni di esperti e valutasse le procedure dei test, d’intesa con il Consiglio superiore della magistratura.

Nel decreto legislativo che entrerà in vigore ci sarà invece un doppio livello di garanzia: il Csm disciplinerà i test in via generale e poi la commissione esaminatrice deciderà.

L’esame di accesso si potrà comunque ripetere quattro volte. Ma l’Amn non cede di un passo di fronte alla linea morbida e con il presidente Giuseppe Santalucia punta il dito: “Più che una sciagura, è una norma simbolo, lo scopo era creare una suggestione nell’opinione pubblica, che i magistrati hanno bisogno di un controllo psichico”.

E rinvia un’eventuale mobilitazione sul tema: “Sullo sciopero ne riparleremo, siamo tutti uniti. È una norma irrazionale, entrerà in vigore nel 2026, c’è spazio per convincere ad eliminarla”.

Il Guardasigilli bolla però queste reazioni come “polemiche sterili, vuote astrazioni”, sottolineando anche il parere favorevole delle Commissioni Giustizia alla richiesta di valutare i test: “Quando entrambe le Camere ti inviano determinate osservazioni è quasi un dovere del governo quello di adeguarsi. Non c’è un’invasione di campo o interferenza da parte dell’esecutivo nei confronti della magistratura. Non c’è nessun vulnus, nessuna lesa maestà”.

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