“È lo scudetto più bello” raccontano tanti tifosi nerazzurri fuori da San Siro, al culmine di una notte che non dimenticheranno. Impagabile cucirsi sul petto la seconda stella in casa del Milan, nel sesto derby vinto di fila. Quello che si chiude stasera, in fondo, è un periplo interista lungo quattordici anni, dalla notte Champions di Madrid a quella della seconda stella. 

Al timone nerazzurro non c’è più la famiglia Moratti, con Jose Mourinho un ricordo dolcissimo, indimenticabile. C’è invece sempre di più il popolo nerazzurro.  Ma questi tre lustri sono stati un ottovolante di emozioni che dimostra che ripetere un triplete, tutta quella meraviglia, è quasi sempre impossibile. Tante pagine scure nei primi anni dieci, un guizzo: imporre alla formidabile Juve di Conte il primo stop nel nuovo stadio con un 3-1 da stropicciarsi gli occhi. E poi la fine del ciclo magico, allenatori e campioni – o presunti tali – come porte girevoli, il nuovo simbolo, Mauro Icardi, a reggere l’inter in stagioni complesse. La proprietà sempre più ad oriente, dall’indonesia di Thorir alla Cina della famiglia Zhang che si presentò con quel bizzarro “Fozza Inda”. Ironie ma anche i risultati: l’Inter di Luciano Spalletti torna presto in Champions League aggrappandosi alle zuccate decisive di Vecino

Arriva Beppe Marotta che porta a Milano Antonio Conte, il vecchio avversario bianconero che festeggia in nerazzurro il diciannovesimo scudetto sfiorando altri titoli. Sono gli anni d’oro di Lukaku (prima del mancato ritorno) di una festa che il Covid allontana dai tifosi ma che è grandissima e che suggella sette trofei in otto anni. Tre Supercoppe, due Coppe Italia, una finale di Champions – conquistata dopo l’euroderby stravinto in semifinale – con rimpianto per la sconfitta di misura contro il City. 

È la stagione di Simone Inzaghi, così diverso dai predecessori, cosi limpido nel gioco; dei conti in bilico e dei parametri zero, ma soprattutto di Lautaro Martinez, di Barella e Cahlanoglu, di Dimarco e Bastoni, una mescola perfetta di campioni e giovani italiani col nerazzurro nel cuore. 

Fino a questo scudetto stravinto, in testa dalla prima giornata, che risarcisce quello perso due anni fa a Bologna da un’Inter scarica e distratta, e finito sul petto dei cugini rossoneri. C’è un coro che unisce i tifosi interisti e illumina i sold out di San Siro. Ricorda “tutti i chilometri fatti per te”. Ottantamila voci, ottantamila cuori un po’ diversi, un po’ pazzi, unici: da sempre e per sempre, fratelli del mondo. 

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