Per Abi Poligrafico e Poste avrebbero un controllo congiunto

E ancora: con il passaggio del controllo di PagoPa al Poligrafico e a Poste, secondo la memoria, “si concretizza, quindi, la possibilità che si possa configurare un controllo congiunto del nuovo PagoPA sicché ciascuna di esse è potenzialmente in grado di esercitare un’influenza determinante sull’attività commerciale della nuova società, potendo giungere ad impedire l’assunzione di decisioni attraverso l’esercizio di un diritto di veto”. La memoria evidenzia, poi, come tra gli operatori che si avvalgono di PagoPa per le transazioni, oltre a Poste, ci sono il suo istituto di moneta elettronica PostePay e LisPay, l’istituto di moneta elettronica controllato da Lis (che vanta accordi con una estesa rete di tabaccai per i pagamenti fisici) a sua volta acquistata da Poste.Il passaggio del controllo di PagaPa, quindi, avrebbe come “conseguenza una rilevante alterazione dell’equilibrio competitivo tra PostePay/LisPay/Poste Italiane rispetto agli altri operatori aderenti alla piattaforma – si afferma – potendo le prime due, ed in alcuni casi anche direttamente Poste Italiane, ledere la parità concorrenziale e beneficiare di un trattamento di favore in ragione della possibilità di Poste Italiane di influire sulle scelte della società PagoPA. Poste Italiane sarebbe contemporaneamente proprietario e gestore della “rete” che trasporta “servizi di pagamento PA e altri enti” (tramite la partecipazione al capitale di PagoPA) e fornitore dei corrispondenti servizi di pagamento, anche controllando Postepay e, indirettamente, LisPay”. Secondo l’Abi tutto questo potrebbe consentire a Poste e alle sue controllate di “avere un’incidenza rilevante nella determinazione delle politiche di sviluppo dei sistemi di pagamento rivolti alla Pa o averne una conoscenza anticipata, a discapito degli altri operatori. Ciò non soltanto con riferimento al segmento specifico dei servizi di pagamento riferiti alla PA ma anche dei servizi di intermediazione tecnologica correlati alla stessa Piattaforma”.

Il nuovo assetto proprietario potrebbe incidere sui costi

La memoria spiega come oggi i vari operatori che si avvalgono della piattaforma riconoscono “a PagoPA specifiche commissioni per l’utilizzo della Piattaforma, variabili in base a specifici parametri e alle specifiche convenzioni negoziate. La revisione dell’assetto proprietario di PagoPA potrebbe avere riflessi, quindi, anche sulla politica dei costi”. Altra questione, poi, è il rischio che che Poste potrebbe essere favorita “nella conoscenza di informazioni di mercato della clientela bancaria, degli istituti di pagamento e degli operatori gestori di pubblici servizi (dati quantitativi e comportamenti) grazie ai database gestiti da PagoPA e APP IO. La disponibilità di informazioni può facilitare la realizzazione e vendita di servizi specializzati e personalizzati per cluster di clientela, e non solamente con riferimento ai servizi di pagamento ma anche per lo sviluppo di servizi affini, ad esempio assicurativi”.

I timori sui pagamenti con l’It Wallet

Le preoccupazioni guardano anche al futuro: in particolare all’istituzione del Sistema di portafoglio digitale italiano (IT Wallet), con una versione pubblica e una privata. L’It Wallet pubblico sarà reso disponibile in modo gratuito dalla APP IO. “Tale portafoglio si configurerà come “contenitore” digitale di documenti d’identità – es. patente di guida, tessera sanitaria e Carta Europea della Disabilità – oltre che come strumento per eseguire pagamenti nei confronti degli enti pubblici per i servizi resi, e a tendere anche nei confronti del settore privato in linea con quanto previsto dal nuovo regolamento europeo volto a fornire un’identità digitale europea che sarà che sarà disponibile per tutti i cittadini e universalmente utilizzabile (riconosciuta sia dai fornitori di servizi pubblici che privati[1]). Il regolamento prevede la possibilità di utilizzare European Digital Identity Wallet per autorizzare pagamenti che devono essere obbligatoriamente accettati anche dal settore privato”. Alla luce di tutto questo il timore delle banche e degli altri operatori e che la presenza di Poste nel capitale di PagoPa “potrebbe creare degli squilibri concorrenziali nell’ambito dei pagamenti della PA eseguiti dall’APP IO e, a tendere, anche per tutti i pagamenti elettronici che potranno essere inizializzati tramite tale portafoglio, in linea con quanto previsto dalla regolamentazione europea”. Alla luce di tutte queste considerazioni, l’auspicio di Abi che la normativa sia “ripensata in una logica competitiva e di mercato, tenuto conto che l’intervento normativo è volto alla valorizzazione e al miglioramento della condivisione del patrimonio informativo pubblico ma impatta in misura rilevante anche lato pagamenti, prevedendo anche lo scorporo proprio della componente pagamenti.Considerata la numerosità e il rilievo dei profili da disciplinare, appare pertanto necessaria una profonda rivisitazione del testo del convertendo decreto-legge, valutando anche la possibilità di utilizzare un distinto veicolo normativo per la soluzione dei diversi aspetti segnalati”.

Del Fante: PagoPa non cambia, chiunque sia l’azionista

L’ad di Poste Italiane ha un punto di vista diverso e lo ha raccontato in occasione dell’audizione in parlamento di mercoledì 13 marzo. Sulla cessione di PagoPa al Poligrafico e a Poste “ne abbiamo sentite di diverse in questi giorni. C’è un provvedimento di legge che parla di un azionista di maggioranza, il Poligrafico, posseduto al 100% dallo Stato, e quindi forse la domanda andrebbe fatta direttamente al Poligrafico”, ha detto Del Fante. “Noi possiamo garantire al mercato la riservatezza dei dati”, ha aggiunto ricordando come Poste abbia gestito 1 miliardo di transazioni su Spid, e in quel caso “nessuno si è mai posto il problema della riservatezza”. Il manager ha poi ricordato gli accordi di distribuzione in essere con le banche per vendere mutui e prestiti di terzi agli sportelli postali. “Lavoriamo con le banche assieme da più di 20 anni. Noi per legge non possiamo distribuire, fare credito, fare prestiti, ma dal 2002 distribuiamo prestiti di istituzioni finanziarie, quindi un nostro cliente che entra in ufficio postale e vuole un prestito al consumo noi lo analizziamo, poi prendiamo il cliente e lo passiamo alla banca. Abbiamo fatto 48 miliardi di operazioni, e 4 milioni di italiani hanno beneficiato della nostra presenza territoriale. In quel caso il problema di riservatezza dovremmo averlo noi. Ma non abbiamo mai avuto in 22 anni il benché minimo problema”. Del Fante ha aggiunto che a Paga Pa “è un circuito di pagamento su cui siamo assestati in 409 fornitori di servizi. Non c’è nessun interesse per definizione, chiunque sia il proprietario di quel circuito, a minimizzare la portata del circuito di pagamento stesso”. Per Poste Italiane, dunque, il cambiamento proprietario non cambierà le condizioni per chi opera sulla piattaforma.

Il ruolo dei pagamenti nella seconda tranche di Poste

La domanda che si fanno gli altri player, tra i quali anche i circuiti internazionali delle carte di credito, a fronte di simili rassicurazioni è: qual è allora l’interesse che spinge Poste a spendere soldi per comprare la piattaforma? Come pensa di rientrare per l’investimento fatto? E’ vero che il Dl Pnrr prevede che la vendita segua una singolare procedura, e cioè una valutazione fatta con gli acquirenti, per cui l’investimento potrebbe rivelarsi molto limitato. Resta, comunque, il fatto che una spesa ci sarà. Alcuni ricordano come la prospettiva di una privatizzazione ulteriore di Poste possa contemplare questa operazione come un sistema per aumentare il valore della società dei recapiti.

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