Papà al lavoro, mamma a casa a occuparsi dei figli. Lo stereotipo del padre procacciatore di cibo e della madre angelo del focolare è un ricordo del passato. Ma fino a un certo punto. È vero: sempre più papà oggi cambiano pannolini, fanno la spesa, cucinano e portano i figli dal pediatra. Eppure lo scenario a parti invertite (mamma che porta a casa lo stipendio e papà che si occupa della casa) è decisamente più raro. Si prenda l’esempio degli Stati Uniti: nel 2021, secondo l’analisi 2023 del Pew Research Center sui dati dell’U.S. Census Bureau gli stay-at-home dad (vale a dire i papà casalinghi) sono saliti al 7% dal 4% del 1989. Così la percentuale di uomini fra i genitori casalinghi è arrivata al 18%, quasi uno ogni cinque. In Italia gli ultimi dati diffusi dall’Istat risalgono al 2016, quando erano stati censiti 200mila papà casalinghi. Un numero che in questi anni è certamente cresciuto.

Dimissioni volontarie

Se si guardano i dati delle motivazioni delle dimissioni volontarie si percepisce appieno ancora lo squilibrio nella coppia. Nel 2022 le dimissioni presentate nei primi tre anni di vita del figli, convalidate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, sono aumentate del 17,1% rispetto a un anno prima a 61.391 unità. Un fenomeno che riguarda soprattutto le donne (72,8% dei provvedimenti) ed è legato strettamente alle difficoltà di conciliazione tra vita e lavoro.

Il 63% delle neo mamme infatti mette tra le motivazioni la fatica nel tenere insieme l’impiego e il lavoro di cura a fronte del 7,1% dei padri. Per gli uomini la motivazione principale è il passaggio a un’altra azienda (78,9%) ragione invece minoritaria per le donne (24%). La maggior parte dei destinatari delle convalide, pari a 48.768 (il 79,4% del totale), si colloca nella fascia di età tra i 29 e i 44 anni. E infatti in Italia una donna su cinque lascia il lavoro al primo figlio.

Divario occupazionale

I padri, però, sono sempre più impegnati nei lavori di cura e qualche passo in avanti è stato fatto anche nella narrazione di scelte simili. In “10 giorni senza mamma” di Alessandro Genovesi, uno strepitoso Fabio De Luigi interpreta il ruolo di un papà che rinuncia alla carriera per la serenità di figli e della moglie. Ma siamo sicuri che, nella vita reale, altri padri siano effettivamente disposti a fare simili rinunce? Una risposta univoca a questa domanda non esiste. Da caso a caso le circostanze (e i soldi sul piatto della bilancia) possono cambiare. Ma se si guarda al quadro complessivo è assai probabile si tratti di uno scenario da film. Almeno fintanto che non sarà risolto, o almeno significativamente ridotto, l’annoso problema del divario di genere. L’Italia, da questo punto di vista, resta un caso disperato. Se in media in Europa il divario tra i tassi di occupazione di uomini e donne si attesta al 10% da noi e in Grecia la percentuale è doppia: 20 per cento.

Le donne lavorano meno. Soprattutto al Sud. E soprattutto se mamme. Da un’indagine dell’Ispettorato del Lavoro del 2021 è risultato che per il 43,8% delle donne le dimissioni dal lavoro sono state motivate dalla difficoltà a conciliare lavoro e cura, e solo nel 21,7% dei casi per passaggio ad altra azienda. Fra gli uomini invece nel 78,2% le dimissioni sono state motivate dal passaggio ad altra azienda e solo nel 3% dei casi dalla difficoltà di conciliare cura e lavoro.

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