Luca Zaia, Lega, presidente del Veneto. Stefano Bonaccini, Pd, presidente dell’Emilia-Romagna. Michele Emiliano, Pd, presidente della Puglia. Vincenzo De Luca, Pd, presidente della Campania. Giovanni Toti, Italia al centro ex FI, presidente della Liguria. Attilio Fontana, Lega, presidente della Lombardia. Massimiliano Fedriga, Lega, presidente del Friuli Venezia Giulia.

Sono sette i governatori già al secondo mandato e che in base alla legge 165 del 2004 non potranno ricandidarsi per il terzo. Un elenco rigorosamente bipartisan. Come bipartisan è il pressing che vede protagonisti da una parte il leader della Lega Matteo Salvini e dall’altra mezzo Pd, sindaci delle grandi città e governatori in testa, per estendere da due a tre il limite dei mandati. Ma sono proprio la premier Giorgia Meloni e la segretaria dem Elly Schlein a ritrovarsi sulla stessa linea del no al terzo mandato, e proprio all’indomani dell’intesa alla Camera sul cessate il fuoco a Gaza che ha terremotato i rispettivi schieramenti.

Le ragioni della premier Meloni

Le motivazioni di Meloni sono presto dette. FdI alle politiche ha preso il 26% e tutti i sondaggi danno il partito della premier ormai vicino al 30%, contro l’8-9% di Lega e Fi. Attualmente ci sono solo due Regioni guidate da esponenti di Fdi – l’Abruzzo (dove si torna a votare a breve) e le Marche – più il Lazio del governatore Francesco Rocca, vicino comunque alla premier. Se domenica 25 febbraio il centrodestra si aggiudicherà la Sardegna saliranno a 4. Pochi. Davvero troppo pochi. Meloni pretende un «riequilibrio» che tenga conto del «peso dei voti» (così ha detto il meloniano Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento). L’obiettivo principale è noto: il Veneto governato da Luca Zaia, che assieme alla Lombardia rappresenta il Nord produttivo.

Meloni lo rivendica. Ma se venisse cancellato il tetto dei due mandati il Doge resterebbe certamente al suo posto. E non sarebbe il solo. La leader di Fdi avrebbe anche molte più difficoltà a conquistare le Regioni rosse, se i governatori uscenti potessero correre per il terzo mandato. A cominciare dalla Campania di De Luca così come la Puglia di Emiliano e soprattutto l’Emilia-Romagna di Bonaccini. Al momento nel centrodestra le posizioni restano distanti. La premier vuole che la Lega ritiri anzitutto l’emendamento al Dl elezioni, poi «sulle scelte dei futuri governatori si vedrà». La decisione è attesa entro martedì, quando comincerà l’illustrazione delle proposte di modifica in commissione Affari costituzionali del Senato.

Il “soccorso” di Elly Schlein

Meloni comunque non intende cedere. E in suo aiuto, si fa per dire, c’è anche il no di Elly Schlein al terzo mandato. Le ragioni della segretaria dem sono soprattutto legate agli equilibri interni al Pd. Schlein, che proprio in questi giorni festeggia il suo primo anno alla guida del Nazareno dopo la vittoria a sorpresa delle primarie contro il favorito Bonaccini, ha fatto della lotta ai “cacicchi” locali uno dei punti qualificanti del rinnovamento interno. E per “cacicchi” dalle parti schleiniane si intendono soprattutto quelli del Sud, ossia De Luca ed Emiliano. Senza contare che la maggior parte dei sindaci e dei governatori dem che aspirano al terzo mandato sono della minoranza interna. Se Schlein ha fin qui evitato di prendere una posizione («ne discuteremo con il partito»), la sua contrarietà non è un mistero e viene ribadita in queste ore dal fidato capogruppo in Senato Francesco Boccia: «Noi siamo assolutamente contrari». Peccato che, se la Puglia è già data per persa, l’unica possibilità per il Pd di mantenere la Campania è proprio con De Luca in campo.

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