Le grandi manovre sul fronte autostrade corrono su due direttrici: la riforma dei pedaggi e la difficile partita del riassetto delle concessioni autostradali. La notizia era arrivata nelle scorse settimane quando per bocca del viceministro delle Infrastrutture Edoardo Rixi era stata annunciata una mini-riforma delle tariffe autostradali.

I pedaggi

Ora è l’allegato infrastrutture al Def a mettere nero su bianco che il ministero guidato da Salvini sta lavorando a «una riforma organica, che possa permettere una equa perequazione economica all’interno dell’intera rete autostradale e consentire i necessari investimenti, per riportare alla piena efficienza funzionale le infrastrutture in tempi certi, con una definizione inderogabile dei rischi e dei soggetti che devono accollarseli, nel pieno rispetto dell’apertura del mercato e della concorrenza». E quindi innanzitutto omogeneità dei pedaggi oggi affidati a una Babele di prezzi molto diversi tra loro, anche nell’ambito delle stessa zona. «Cambieranno le regole e l’idea del governo è quella di andare verso una tariffa unica nazionale, quindi avere pedaggi chilometrici analoghi per gli utenti e ponderati per i gestori. Questo consentirà di ottimizzare meglio i flussi di traffico sulle varie arterie», ha detto il viceministro Edoardo Rixi in un’intervista al Secolo XIX. È lui che ha sul tavolo il pesante dossier della riforma che dovrebbe però prevedere due treni normativi, uno per le concessioni e l’altro per i pedaggi. L’ipotesi del governo è di introdurre dei meccanismi di costo “mediani” e, secondo indiscrezioni, far pesare sui pedaggi anche i disservizi della rete come cantieri, traffico, livello di incidentalità e assenza della terza corsia. Per i gestori invece la parola chiave è investimenti: le tariffe, dicono, sono differenziate anche in base alle risorse messe in pista per realizzarle e mantenerle.

Le concessioni

L’obiettivo più ambizioso però attiene alla riorganizzazione, anche in chiave Pnrr, dell’intero meccanismo delle concessioni con un «riordino a livello normativo» ma guardando soprattutto a «rafforzare il ruolo di concedente e gli strumenti di governance in capo alla parte pubblica». Per farlo però la strada è obbligata e non potrà necessariamente entrare a gamba tesa in concessioni in essere. Si dà il caso però che alcune siano prossimamente in scadenza: si tratta niente di meno che della Brescia-Padova e dell’autostrada del Brennero.La prima, dicono fonti bene informate, fa gola alla Regione Veneto che punterebbe a costruire un unico grande operatore del Nord Est: una scatola dentro la quale far confluire anche la partecipata Autostrade Alto Adriatico.
Le premesse di questa e di altre manovre sarebbero, secondo questa ipotesi, già state gettate con la nascita di Autostrade dello Stato spa, azionista il Mef. Ma facciamo un passo di lato.

Il nodo investimenti

L’altra questione tutta da aggredire (e risolvere) si chiama manutenzione e investimenti sulla rete. Si tratta della bellezza di 5.886 km di rete gestita da 25 concessionari, grandi e piccoli. Su questi capitoli, dice il Def, è prevista una spesa di 38,338 miliardi «di cui 15,402 trovano copertura nei piani finanziari vigenti, mentre euro 22,935 miliardi devono essere reperiti nei successivi aggiornamenti convenzionali». Una cifra che viene data al ribasso e che quindi potrebbe essere incrementata «in considerazione della dinamica inflattiva e degli interventi resi necessari dall’aggiornamento delle norme tecniche e di sicurezza». Il dossier è caldissimo ed è al centro di molte ipotesi di riassetto, alcune anche spericolate. Una delle questioni più spinose suona così: dove recuperare i 23 miliardi che servono per rimettere in sesto la rete e svilupparla. Qualcuno avanza l’ipotesi della riforma dei pedaggi, dove lo Stato giocherebbe a quel punto un ruolo più pesante, forse addirittura – ma è tutto da vedere – di riscossione delle tariffe.

La newco Autostrade dello Stato

Ma torniamo alla newco e all’intricato puzzle che si muove intorno alla gestione delle autostrade. Che su questo fronte ci sia movimento è stato plasticamente dimostrato dal Consiglio dei ministri di martedì 9 aprile, dove quasi a sorpresa l’esecutivo ha varato la nascita di Autostrade dello Stato spa, società in house a intero capitale pubblico che per ora ingloberà le autostrade a pagamento di Anas, oltre che dicono la Roma-Fiumicino. Nel cda siederanno Vito Cozzoli (ad), Carlo Vachi e Gioia Gorgerino.E che – come recita la bozza della norma – avrà durata fino al 2100. Oggetto sociale «l’espletamento delle attività di gestione e, ove previsto da norme di legge, di costruzione, delle autostrade statali in regime di concessione».Ma potrà anche costituire società di gestione di autostrade statali e acquisire partecipazioni nelle medesime società. Non stupisce quindi che alcuni osservatori leggano in queste righe si legga il preludio a un cambio di direzione di più ampia portata. Forse addirittura l’inizio di una statalizzazione delle autostrade italiane. Ma su questo ovviamente la partita è ancora da giocare.

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