«La cessione di una quota della partecipazione detenuta dal MEF in Poste Italiane non determinerà la perdita del controllo sulla società, che continuerà a essere esercitato dallo Stato. Peraltro, lo Statuto di Poste prevede che nessun soggetto diverso dal MEF, da enti pubblici o da soggetti da questi controllati, può detenere una quota superiore al 5 per cento del capitale della società». Così il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in audizione davanti alle commissioni Bilancio e Trasporti di Camera e Senato sul decreto privatizzazione Poste. «Alla luce dell’aggiornamento delle previsioni che sarà operato a breve con la pubblicazione del Def – ha aggiunto -, valuteremo l’opportunità di modificare la tempistica prevista per conseguire un profilo del rapporto debito/Pil coerente con gli impegni programmatici già prestabiliti».

Cessione Poste quando si può massimizzare introito

Il ministro ha spiegato che «il Mef realizzerà l’operazione» di alienazione di una quota in Poste «nel momento più adeguato alla massimizzazione dell’introito realizzabile, cercando di conciliare le condizioni del mercato con le esigenze di finanza pubblica».

Operazione in più fasi, controllo Stato

In particolare, «l’operazione di dismissione rappresentata nel Dpcm attualmente all’esame del Parlamento deve essere considerata una cornice che individua un valore minimo della partecipazione dello Stato, che potrà essere raggiunto progressivamente e in più fasi, in modo da salvaguardare il controllo strategico pubblico su questo asset».

Poste potrebbero migliorare appetibilità debito

Secondo il ministro dell’Economia, «in un quadro più generale, è opportuno considerare anche gli effetti dell’operazione sulla fiducia degli investitori istituzionali nazionali ed esteri verso l’Italia, che potrebbero risultare in un miglioramento dell’appetibilità del debito pubblico, con conseguenti effetti positivi in termini di riduzione dello spread e del costo del debito».

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