Oscillazioni vertiginose nel 2023. L’inflazione tendenziale nelle grandi città capoluogo italiane è passata mediamente da quasi il 10%, o poco sotto, a valori spesso negativi, in area deflazione e questo anche nel gennaio 2024.

L’anno scorso si è chiuso con +0,6%: in media, nel 2023 i prezzi al consumo hanno registrato una crescita del 5,7% rispetto al +8,1% nel 2022, anno che si era concluso a dicembre con un +11,6%. Nel 2023 la città con maggiori aumenti dei prezzi è stata Perugia (+1,7% tendenziale), seguita da Napoli (+1,3%), mentre a Bari e Palermo si è andati in negativo (-0,6 e -0,5%).

Ma quello che maggiormente salta all’occhio sono le differenze che emergono nei raffronti da gennaio a dicembre. Prendiamo Palermo: a gennaio l’inflazione era salita dell’11,7%, in linea con l’andamento nazionale, a dicembre è crollata a -0,5%.

Dati simili un po’ in tutto il paese, anche se con forbici un po’ più strette: Milano da +10,5% a +1%, Roma da +8,7% a +0,9%, Torino da +10,3% a +0,7%, Napoli da +9,4% a +1,3%, Firenze da +9,7% a +0,4%, e così via: in negativo a fine anno anche le città di Ancona, Catanzaro e Potenza.

Tra i capoluoghi delle regioni e delle province autonome e tra i comuni non capoluoghi di regione con più di 150mila abitanti, l’inflazione più elevata si è registrata a Trieste (+1,7%), Bolzano e Perugia (+1,6% entrambe), mentre quella più contenuta si registra a Catania (-0,9%) e a Campobasso (-1,2%).

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