Un taglio dell’1,1% del Pil del paese, di una produzione di 45,2 miliardi di euro e un valore aggiunto di 17,4 miliardi. E’ il “costo” stimato dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly e da Prometeia di un’”Italia senza vino”. Il lavoro è stato presentato domenica pomeriggio al Vinitaly di Verona con l’incontro intitolato “Se tu togli il vino all’Italia. Un tuffo nel bicchiere mezzo vuoto”. L’iniziativa è stata organizzata anche in risposta alla forte offensiva di impronta salutista lanciata da organizzazioni internazionali come l’Oms e da alcuni paesi (rigorosamente non produttori) contro le bevande alcoliche. Un’offensiva che non distingue tra bevande in base al differente consumo di alcol né tra abuso e consumo moderato e ai pasti. E che soprattutto discrimina fortemente il vino, la sua storia millenaria e al sua valenza identitaria per paesi come l’Italia nel quale il vigneto è parte integrante del paesaggio e la produzione vinicola (anche grazie all’enoturismo) è volano di sviluppo economico per economie periferiche e rurali altrimenti condannate alla povertà e allo spopolamento.

Barolo

Il progetto presentato comprende un’analisi d’impatto economico commissionata a Prometeia e un focus dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly su 3 – tra tantissimi – territori simbolo a trazione enologica: Barolo, Montalcino ed Etna con tanto di rendering che mostrano come questi territori sarebbero oggi se non ci fosse più la produzione vinicola.

I risultati dell’analisi d’impatto confermano, quantificandolo, il contributo economico del comparto: in caso di scomparsa della filiera del vino, 303mila persone dovrebbero trovarsi un altro lavoro e il Paese rinuncerebbe a un asset in grado di generare (tra impatto diretto, indiretto e indotto) una produzione annua di 45,2 miliardi di euro e un valore aggiunto di 17,4 miliardi di euro. Uno shock per l’Azienda Italia pari all’1,1% del Pil (lo sport – fanno notare a Prometeia – secondo stime dell’Istituto Credito sportivo vale l’1,3%).

L’Italia – continuano a Prometeia – sarebbe inoltre costretta a rinunciare a un moltiplicatore economico in grado di generare un contributo di 2,4 euro di produzione (e 0,9 di valore aggiunto) per ogni euro di spesa attivata dall’industria del vino. Infine, ogni 62mila euro di valore prodotto dalla filiera garantisce un posto di lavoro.

Montalcino

Senza il vino – si evince dall’analisi di Prometeia – il saldo commerciale del settore agroalimentare scenderebbe del 58% (da +12,3 a +5,1 miliardi di euro nel 2023), ma anche allargando il perimetro oltre il settore alimentare, è evidente che si rinuncerebbe ad un fattore di successo determinante per il made in Italy. Il vino lo scorso anno si è infatti posizionato al secondo posto nel surplus commerciale generato dai portabandiera tricolore, dietro a gioielleria/oreficeria – che a differenza del vino ha beneficiato di un rilevante “effetto prezzo” – e davanti a pelletteria, abbigliamento, macchine per packaging e calzature.

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