Maggioranza alle prese con il nodo del conflitto di interessi. La proposta di legge in materia, a prima firma di Giuseppe Conte, è, infatti, in calendario in Aula alla Camera il 25 marzo. Da oggi dovrebbe iniziare in commissione l’esame delle proposte di modifica, un’ottantina in tutto, delle quali un pacchetto di 17 sottoscritte da tutti i gruppi di centrodestra che riscrivono buona parte del testo.

Tra queste, tra l’altro, quella dell’esclusione degli amministratori locali dal conflitto, presente anche in emendamenti dell’opposizione. Numerosi quelli di Iv, a prima firma Maria Elena Boschi, alcuni dei quali puntano a escludere dalla normativa gli incarichi assunti prima dell’entrata in vigore della legge.

Maggioranza divisa su come procedere

Ma – secondo quanto viene riferito – la maggioranza starebbe ancora riflettendo se e come procedere sul provvedimento. La questione – viene spiegato da fonti di maggioranza – è prettamente politica e riguarda l’opportunità di portare avanti, bocciare o modificare un testo che non è nato dalla maggioranza e che le opposizioni – M5s in particolare – potrebbero utilizzare in chiave elettorale in vista delle europee. Fratelli d’Italia e Noi moderati – si spiega – sarebbero in particolare i più freddi sull’opportunità di portare avanti la proposta di legge mentre FI propenderebbe per una corposa riscrittura. Sulla stessa linea anche la Lega che ha anche presentato un proprio emendamento, fuori dal pacchetto di maggioranza, che prevede di impedire che anche i segretari di partito, oltre ai componenti di governo e ai parlamentari, possano percepire contributi dall’estero superiori ai 5mila euro.

Tre strade possibili

A questo punto servirà un confronto interno alla maggioranza per decidere come procedere e le strade – viene spiegato – sono al momento tre: il rinvio del provvedimento dall’Aula oppure l’approdo in Assemblea senza il mandato al relatore, e dunque senza modifiche, per poter prendere tempo. Una seconda opzione è quella dell’emendamento soppressivo. La terza via invece, come accaduto con altri provvedimenti come il salario minimo, è quella di proporre un emendamento per dare una delega al governo a legiferare su quel tema. Una strategia che consentirebbe di spostare in avanti la discussione e rimandare a una legge quadro che, anche dopo la eventuale approvazione a Palazzo Madama, ha comunque tempi lunghi perché necessita di decreti attuativi per essere veramente operativa.

La norma anti-Renzi

La proposta di legge M5s riproduce il testo già presentato dal gruppo Movimento 5 Stelle nella XVIII legislatura (atto Camera n. 1461), con l’aggiunta di norme concernenti il divieto di percezione di erogazioni provenienti da Stati esteri da parte dei titolari di cariche pubbliche. «Il Presidente del Consiglio dei ministri, i Vicepresidenti del Consiglio dei ministri, i Ministri, i Viceministri, i Sottosegretari di Stato, i Commissari straordinaridel Governo, i membri del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, i presidenti delle regioni e i componenti delle giunte regionali – recita la norma – non possono accettare, durante il proprio mandato e nell’anno successivo alla cessazione dello stesso, contributi, prestazioni o altre utilità di valore complessivo superiore a 5.000 euro in ragione d’anno erogate, anche indirettamente, da Governi o da enti pubblici di Stati esteri o da persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero non assoggettate a obblighi fiscali in Italia». Una norma chiamata anti-Renzi, alla luce degli ingenti emolumenti ricevuti dall’ex premier per le consulenze svolte in Arabia Saudita.

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