Alcuni studi recenti hanno mostrato che più tempo i neo-padri trascorrono con i propri figli, maggiore è la “plasticità” delle loro strutture cerebrali, comportando cambiamenti strutturali corticali. Nella ricerca “La transizione paterna comporta adattamenti neuroanatomici associati alla risposta cerebrale del padre ai segnali del bambino” del 2020 è emerso per gli uomini alla prima esperienza di paternità un adattamento neuroanatomico – in particolare, una riduzione dello spessore e del volume nelle strutture della rete neurale del cervello attiva durante lo stato di riposo mentale, e coinvolta in diversi processi cognitivi – associato con le loro risposte ai segnali dei bambini. I cambiamenti osservati sono legati alla sensibilità paterna individuale nei confronti del bambino. I ricercatori sottolineano che si tratta di cambiamenti meno pronunciati – ma comunque significativi – rispetto a quelli osservati nelle madri.

Lo studio del 2022 “I neo-papà mostrano riduzioni longitudinali del volume corticale della materia grigia” evidenzia «la possibilità che la transizione alla paternità possa rappresentare una finestra significativa di neuroplasticità strutturale indotta dall’esperienza nei maschi». Il centro, dunque, sta nell’esperienza dell’accudimento, così come nel tempo trascorso con i propri figli, migliorando la capacità di entrare in sintonia con bisogni, esigenze, temperamento e tendenze dei neonati. Diversi altri studi sono andati nella stessa direzione, evidenziando cambiamenti anatomici nel volume, nello spessore e nell’area corticale del cervello e nei volumi sottocorticali, rafforzando quindi in qualche modo un’idea di genitorialità e di capacità di accudimento non tanto innata quanto appresa, che varia con l’esperienza stessa di caregiving. I benefici di un maggiore accudimento paterno sono stati ampiamente analizzati in vari studi longitudinali, che mostrano gli effetti positivi per l’equilibrio e lo sviluppo del bambino, per la relazione padre-figlio o padre-figlia e anche per la relazione di coppia.

I benefici per i figli

Il coinvolgimento del padre durante l’infanzia esercita un’influenza sul funzionamento fisiologico dei figli, come il sistema di regolazione dello stress che si pensa abbia implicazioni significative per una vasta gamma di funzioni degli individui, tra cui risultati cognitivi, comportamentali, mentali e fisici. Effetti che si hanno anche in caso di coppie separate, quando il padre cioè non vive con i figli ma è comunque impegnato e coinvolto nella loro cura. In particolare è stato dimostrato da diversi studi come la genitorialità positiva dei padri (ad esempio, uno stile democratico o stimolante) è predittiva di aumenti delle capacità cognitive, sociali e di autoregolazione dei bambini.I benefici, poi, sono duraturi nel tempo: il coinvolgimento del padre, infatti, lavora anche per prevenire o ridurre il coinvolgimento della prole nei comportamenti a rischio per la salute durante l’adolescenza, come abuso di alcolici, uso di sostanze stupefacenti e atti di delinquenza.

«Più che il secondo genitore o un paio di mani in più, i padri – sottolinea l’Unicef – sono una delle migliori risorse per lo sviluppo dei bambini che abbiamo, e se vogliamo dare ai bambini il miglior inizio nella vita, tutti dobbiamo riconoscere e utilizzare pienamente questo ruolo».

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