“Oggi è stato firmato un atto di guerra nei confronti della città di Bari. Il ministro Piantedosi mi ha comunicato telefonicamente che è stata nominata la commissione di accesso finalizzata a verificare una ipotesi di scioglimento del Comune di Bari”. 

La telefonata del ministro al Sindaco Antonio Decaro arriva in serata, ma l’ipotesi di una commissione era nell’aria da tempo. Già alla fine di febbraio, dopo l’arresto di 130 persone in una inchiesta della Dda barese che ha svelato un presunto intreccio mafia-politica con scambio di voto alle Comunali del 2019, era stato per primo Maurizio Gasparri a ipotizzare un’ipotesi di scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Bari. Proprio contro Gasparri si era scagliato lo stesso sindaco.

Ieri, dunque, la decisione del Ministro Piantedosi, quella di nominare una commissione ministeriale per accertare le presunte infiltrazioni mafiose nel Consiglio comunale e in altre aziende municipalizzate a cui hanno fatto seguito le durissime parole del Sindaco Decaro. 

Il coinvolgimento più forte, all’interno del consiglio comunale barese, è quello che fa riferimento all’arresto della consigliera Maria Carmen Lorusso che era pronta a ricandidarsi alle prossime Amministrative. La consigliera comunale uscente, finita ai domiciliari proprio nella maxi inchiesta sul voto di scambio e sulla mafia relativa alle amministrative del 2019, aveva già annunciato le sue intenzioni ed era presente all’evento che si è tenuto il 25 febbraio, alla presenza anche di Decaro e di Emiliano, per la candidatura di Vito Leccese, uomo scelto dal Pd, alle Primarie del centrosinistra. Lorusso, 37 anni, si era candidata nel 2019 nella lista Di Rella sindaco, nel centrodestra, e fu eletta con oltre 900 voti, prima di passare nel 2021 nel centrosinistra e in maggioranza, diventando anche leader del gruppo consigliare di Sud al Centro. Il che significa che se scambio di voti c’è stato, poiché l’inchiesta si riferisce alle elezioni del 2019, si tratta di voti che si indirizzavano verso la coalizione in cui la stessa è stata eletta.

Web

Giacomo Olivieri e la moglie Carmen Lorusso implicati nell’inchiesta

Il cambio di casacca, in famiglia, è cosa ricorrente. Anche il marito, l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, arrestato per la stessa inchiesta, è stato eletto prima in Forza Italia, nel 2005 e poi in Idv nel 2010. Interrogato “ha iniziato, con dichiarazioni spontanee, a chiarire fatti e circostanze certamente utili per il prosieguo delle indagini preliminari”. 

Olivieri, detenuto nel carcere di Brindisi, secondo l’accusa avrebbe raccolto i voti della criminalità (nello specifico dei clan Parisi-Palermiti, Montani e Strisciuglio di Bari) per permettere l’elezione della moglie Maria Carmen Lorusso al consiglio comunale nel 2019. Una coppia affiatata che balzò agli onori della cronaca anche durante la pandemia. Allora Giacomo Olivieri e sua moglie, già consigliere comunale di Bari (Sud al Centro), si sarebbero spacciati rispettivamente per malato diabetico e per insegnante, con l’obiettivo di ricevere prima di tanti altri il vaccino anti Covid. Emerse il fatto, che non costituiva comunque reato, dall’inchiesta sui furbetti e sui furti di farmaci all’Oncologico di Bari e nell’elenco degli indagati comparve anche il nome di Vito Lorusso, ex primario con le accuse di concussione e peculato dopo essere stato arrestato in flagranza dalla polizia per avere intascato 200 euro da una paziente. Maria Carmen Lorusso è sua figlia e il tutto venne fuori grazie ad alcune intercettazioni telefoniche. 

Giacomo Olivieri e Carmen Lorusso Ansa

Giacomo Olivieri e Carmen Lorusso

Decaro continua la sua difesa scagliandosi ulteriormente contro il ministro Piantedosi. 

“L’atto definito dal ministro Piantedosi, come un meccanismo a orologeria – spiega il sindaco – segue la richiesta di un gruppo di parlamentari di centrodestra pugliese, tra i quali due viceministri del Governo. Incuranti delle parole del Procuratore distrettuale antimafia che in conferenza stampa ha detto testualmente: ”l’amministrazione comunale di Bari in questi anni ha saputo rispondere alla criminalità organizzata”, gli stessi soggetti che nel 2019 hanno portato in Consiglio Comunale due consiglieri arrestati per voto di scambio, ora spingono per lo scioglimento di un grande capoluogo di regione, evento mai successo in Italia, nemmeno ai tempi dell’inchiesta su Mafia Capitale. È un atto gravissimo – conclude Decaro – che mira a sabotare il corso regolare della vita democratica della città di Bari, proprio, guarda caso, alla vigilia delle elezioni. Elezioni che il centrodestra a Bari perde da vent’anni consecutivamente. Per le quali stenta a trovare un candidato e che stavolta vuole vincere truccando la partita”.

LaPresse

Antonio Decaro

LE REAZIONI DELLA POLITICA

Sulla decisione del ministro Piantedosi e sulle parole del sindaco di Bari Decaro sono state molteplici le posizioni della politica. Il centrosinistra ed il Pd parlano di una decisione ad orologeria. “Rimaniamo basiti rispetto alle modalità con cui il ministro Piantedosi ha annunciato la nomina della Commissione per la verifica dello scioglimento del comune di Bari. – afferma la segretaria del Pd Elly Schlein. – Una scelta che arrivando a tre mesi dalle elezioni sembra molto politica, facendo seguito all’iniziativa di alcuni parlamentari della destra e di due membri del governo e non avendo nemmeno esaminato la documentazione presentata dall’amministrazione del sindaco Decaro. Non si era mai visto ed è molto grave”. 

Rispondono al sindaco di Bari proprio i parlamentari pugliesi di Forza Italia che hanno sollecitato proprio l’intervento del Viminale. “Apprendiamo delle dichiarazioni al vetriolo che il sindaco di Bari riserva al ministro Piantedosi, “reo” di aver fatto ciò
che si deve per garantire ai cittadini un clima di assoluta legalità in un Comune interessato da oltre 150 arresti e un decreto di amministrazione straordinaria di una delle società partecipate  più importanti, in cui la mano della mafia sembra essere stata preponderante. – dicono  Dario Damiani, Giandiego Gatta, Andrea Caroppo e Vito De Palma – A fronte di tutto ciò, per il sindaco di Bari si tratterebbe di “lesa maestà” adempiere all’obbligo di tutelare i cittadini e assicurar loro un governo della cosa pubblica in linea con i principi di legalità e trasparenza. Il sindaco, invece, dovrebbe apprendere con favore l’azione del governo. Perciò, lo invitiamo a cambiare registro per senso di responsabilità e amore per la legalità che dovrebbe accomunare tutti gli amministratori e rappresentanti istituzionali”. 

A difesa del sindaco i colleghi Gaetano Manfredi, primo cittadino di Napoli e il sindaco di Roma Roberto Gualtieri che su X stigmatizzano l’intervento di Piantedosi. 

 

LE PRECISAZIONI DEL VIMINALE PER STEMPERARE LE POLEMICHE

Dopo ore di polemiche al calor bianco, a tarda sera arriva una precisazione del Ministero dell’Interno che sembra avere lo scopo di gettare acqua sul fuoco: l’ispezione è un atto dovuto e lo scioglimento del comune di Bari non è ancora deciso, si dice in sostanza.

“L’accesso ispettivo – recita il comunicato – si è reso necessario in esito ad un primo monitoraggio disposto dal Viminale circa i fatti emersi a seguito dell’indagine giudiziaria che ha portato a più di 100 arresti nel capoluogo pugliese e alla nomina, da parte del Tribunale, ai sensi dell’art. 34 del codice antimafia, di un amministratore giudiziario per l’azienda Mobilità e Trasporti, interamente partecipata dallo stesso Comune”.
Il Viminale precisa inoltre che “l’accesso ispettivo, disposto ai sensi di specifiche previsioni di legge, a Bari come in altri diversi enti locali per analoghe circostanze, non è pregiudizialmente finalizzato allo scioglimento del Comune bensì ad un’approfondita verifica dell’attività amministrativa, anche a tutela degli stessi amministratori locali che potranno offrire, in quella sede, ogni utile elemento di valutazione”.

Condividere.
Exit mobile version