«La domanda di chimica di base è molto bassa, non è mai stata così bassa, ma i nostri prodotti, dal carbonato di sodio, alla silice ai perossidi servivano ieri, servono oggi e serviranno per sempre». Lo dice Philippe Kehren che è diventato il ceo globale del gruppo Solvay (chimica di base), dopo lo spin off di Syensqo (chimica di specialità) avvenuto alla fine dello scorso anno nella multinazionale belga. E’ reduce da oltre 100 giorni di incontri con gli stakeholder, dai lavoratori dei 45 siti nel mondo fino ai clienti e agli azionisti. L’agenda di Kehren è molto fitta di impegni perché il manager è ancora alle prese con il roadshow per spiegare lo spin off che è stato realizzato alla fine dello scorso anno. La percezione «è che «gli stakeholder stiano comprendendo sempre più chiaramente il motivo per cui è stata effettuata questa separazione: per essere un’azienda più semplice e standardizzata». E quindi conservare la leadership sulle produzioni, in un mercato dove la competizione è altissima e dove sono richiesti investimenti molto importanti sulla sostenibilità, anche per effetto del green deal. Nella visione di Kehren il futuro di una fabbrica oggi si misura proprio così, dalla realizzazione o meno della transizione energetica.
Lo spin off e la competitività
«Nei mesi passati, con tutto il management abbiamo ragionato sulla necessità di individuare delle performance di riferimento che avessero un senso per il futuro – racconta il manager -. Questo ha reso necessario separare due business che hanno peculiarità troppo diverse per rimanere nello stesso gruppo: da un lato la chimica di specialità, rappresentata da Syensqo che è maggiormente focalizzata sulle nuove molecole e sui nuovi prodotti, con un approccio legato all’innovazione e un alto potenziale di crescita. Dall’altro lato la chimica di base dalla soda, ai carbonati ai perossidi che sono essenziali oggi e lo saranno per sempre perché vengono utilizzati in tutte le lavorazioni, dal vetro alla gomma, alla plastica fino ai michochip. La chimica di base si fonda su un importante processo tecnologico che non ci si inventa dalla sera alla mattina. Abbiamo 160 anni di storia, un’eredità importante e abbiamo deciso di fare il salto attraverso lo spin off. Questo cambiamento organizzativo porterà maggiore efficienza e competitività. Così facendo faciliterà la crescita di entrambe le società. Gli stakeholder e gli analisti che sto incontrando hanno compreso le ragioni dello spin off, così come anche le nostre 9mila persone che operano in 45 siti produttivi, suddivisi in maniera equa tra Stati Uniti, Europa e Cina. La possibilità di costruirci il nostro futuro è nelle nostre mani, la nostra storia è sicuramente un punto di forza, ma non possiamo trascurare che operiamo in un mercato molto competitivo, dove dobbiamo essere a nostra volta molto competitivi».
Il calo della domanda di chimica di base
Quando si parla di prospettive globali, e per l’Italia,Kehren ammette che «questa non è una fase di crescita. Nel 2023, dopo un primo semestre positivo, nel secondo semestre abbiamo visto un deciso calo della domanda associato a un’inflazione alta e tassi di interesse elevati. Da inizio 2024 la domanda resta sempre più bassa del passato, ma l’inflazione è calata e i tassi di interesse anche. Sono fiducioso in una ripresa per quest’anno, anche se non sarà una ripresa forte. Il nostro gruppo, però, potrà continuare a investire grazie alle sue solide performance finanziare e al flusso di cassa». Il fatturato netto del 2023 è stato di 4,9 miliardi di euro, l’Ebitda ha raggiunto 1,2 miliardi di euro con un margine del 25,5%. Ed è proprio questa marginalità che Kehren vuole migliorare di anno in anno. Il flusso di cassa disponibile è pari a 0,6 miliardi di euro con un tasso di conversione del 45,4%. Questo consente di guardare a piani di sostenibilità molto ambiziosi. «La priorità numero uno per il gruppo Solvay si chiama transizione energetica. Nei prossimi 20 anni non utilizzeremo più un singolo chilogrammo di carbone e per raggiungere l’obiettivo net zero abbiamo in programma investimenti per 1,2 miliardi di euro a livello globale», spiega Kehren che un paio di mesi fa era tra i top manager che hanno incontrato Ursula Von Der Leyen ad Anversa, in Belgio per rappresentare le esigenze dell’industria. «In Europa abbiamo bisogno del sostegno di tutti, dai clienti, agli stati membri: abbiamo bisogno di un’industria forte e nello stesso tempo di continuare a perseguire gli obiettivi del green deal. Ma la politica non deve dimenticare che senza l’industria il green deal è svuotato di ogni senso».
La supply chain delle terre rare in Europa
La nuova Solvay oggi ha 5 linee di business di cui tre sono storiche: carbonato di sodio, perossidi, silice, terre rare e fluoro. «Ognuna ha una sua strategicità e una sua storia. Certamente le terre rare rappresentano per noi una grande sfida perché ci siamo dati come obiettivo quello di essere il punto di riferimento della supply chain europea per poter ridurre la dipendenza dalla Cina che attualmente è ancora il maggior fornitore di terre rare. Strategiche soprattutto per la mobilità elettrica. Solvay può però contare su un sito unico nel mondo, come quello di La Rochelle, che è l’unico in grado di separare tutte le terre rare – spiega Kehren -. Il nostro obiettivo sarà sempre di più quello di ricavare le terre rare dai prodotti riciclati».
La nuova era della Solvay in Italia
In Italia la nuova era comincia con una nuova produzione, quella di un agente chimico chiamato Alveone che verrà prodotto nel sito toscano di Rosignano. Kehren dice che «sarà destinato a cambiare il mondo degli agenti espandenti e schiumogeni delle plastiche utilizzate per le suole delle scarpe, per l’edilizia e per l’automotive, sostituendone alcuni . E’ un prodotto a base minerale, formulato con bicarbonato di sodio ed è privo di sostanze pericolose: è stato riconosciuto come sostituto dell’azodicarbonamide, il cui utilizzo rischia di essere limitato in Europa poiché è stato classificato dal Reach come sostanza estremamente preoccupante per gli effetti su salute e ambiente».