Anche i festival musicali arrivano al conseguimento della maggiore età. Succede anche al Mi Ami Festival, la cui 18esima edizione si celebra dal 23 al 26 maggio al Circolo Magnolia di Milano, zona Idroscalo. Ed è un meraviglioso cortocircuito perché Del conseguimento della maggiore età era il sottotitolo del primo leggendario album dei CCCP – Fedeli alla Linea, uscito nel 1986. E come s’intitolava il brano più celebre di quel disco? Mi ami? E a chi è affidato il concerto di apertura del 18esimo Mi Ami, al Carroponte? Proprio ai CCCP.
«Avere i CCCP», raccontano Carlo Pastore e Stefano Bottura, gli organizzatori del Festival, «era il sogno proibito, sin dalla prima edizione. All’epoca la band si era sciolta da un pezzo, non c’era nessuna razionale possibilità che questo sogno di realizzasse, che il concerto si facesse. E, invece, 18 anni dopo si fa. E lo facciamo a Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia, un posto non banale, considerato l’immaginario di riferimento della band di Giovanni Lindo Ferretti».
Chiamarsi «Mi Ami»
Pastore e Bottura, in ogni caso, si smarcano da qualsiasi ricostruzione di rapporto causa-effetto tra la canzone dei CCCP e il nome del Festival: «Scegliemmo Mi Ami», spiegano, «perché stava per Musica Indipendente a Milano. Nel 2005 l’idea del Festival maturò attorno alla redazione dei Rockit, c’era la volontà di mettere insieme una scena. Nel 2005 la musica indipendente era una cosa ascoltata da pochi, una scintilla. Poi è successo che, per motivi innumerevoli, quella scintilla è diventata un bel fuoco. Abbiamo così deciso di cambiare l’acronimo in Musica Importante a Milano, nella consapevolezza che restringersi in un ghetto porta a poco. La sfida diventò portare più gente possibile ad ascoltare la musica italiana. E, anche in quel caso, missione compiuta. Adesso che le classifiche di streaming sono praticamente monopolizzate dalla musica italiana, ci è piaciuta l’idea di dare respiro internazionale all’evento».
Un cartellone (inter)nazionale
Il cartellone di quest’anno parla chiaro: c’è l’attesissimo concerto dei francesi Phoenix, ci sono i live delle Cumgirl8, formazione femminile di culto della scena post-punk newyorkese, il sound mediterraneo di Erlend Øye e la Comitiva e quello più sperimentale del trio inglese – con un pizzico di Roma dentro – Bar Italia . Ma c’è anche tanta musica di qualità di casa nostra, come nella prima data del tour di Colapesce Dimartino. Ci sono Tropico, Venerus, Marco Castello, i Ministri, Willie Peyote e soprattutto i Tre Allegri Ragazzi Morti che suonarono anche al primo Mi Ami e che nell’anno del loro trentennale si esibiranno per tutte le serate del festival con un live ogni sera diverso dedicato a un decennio della loro carriera. «Anche in quest’ultimo caso», continuano Pastore e Bottura, «possiamo dire che è un cerchio che si chiude: nel 2005, per consentirci di fare il Festival, vennero quasi a rimborso spese. Oggi vengono come band importante che ha contribuito a rendere importante il Mi Ami».
L’economia (e il futuro) del Festival
In totale, in quattro serate, su cinque palchi si susseguiranno cento esibizioni. Quest’anno, considerando le quattro date, la manifestazione intercetterà 30mila spettatori, a fronte dei 23mila della precedente edizione, per ricavi complessivi che si aggirano sugli 1,5 milioni. Il Mi Ami ha fatto il pieno di sponsor: c’è un palco Dr. Martens, un palco Champion, un palco Jack Daniel’s e un palco Idealista. Insieme valgono il 30% dei ricavi della manifestazione. Perché gli sponsor ormai «riconoscono il peso del valore comunicativo del Festival».