Da una parte la Sicilia dell’olio che cresce, dall’altra la Sicilia del vino che punta a rinnovarsi e a trovare nuovi vitigni e nuove soluzioni per contrastare il calo dei consumi. Il bilancio del Vinitaly per l’isola, da un punto di vista di crescita di alcune produzioni e di rafforzamento di quelle che hanno già un brand forte, è sicuramente positivo. Senza nascondere l’esigenza di maggiori sforzi per rendere sostenibile il tutto: un po’ di autocritica da parte di chi ha responsabilità certo non guasterebbe piuttosto che spostare sempre l’attenzione su presunte responsabilità di altri. Il dibattito è in corso, si vedrà.

Un Vinitaly che si ricorderà per l’intensità di iniziative e incontri, sia tecnici che di carattere culturale. In primis, la cultura del rispetto promossa dalla neonata “Associazione Marisa Leo”, professionista e donna del vino, attivista contro la violenza di genere, uccisa il 6 settembre dal suo ex compagno a Marsala. A lei il Vinitaly ha assegnato – alla memoria – il premio intitolato al papà della fiera “Angelo Betti”.

Il primato dell’olio siciliano

Intanto l’olio (25 i produttori presenti al Sol a Verona): secondo i dati dei certificatori l’Igp Olio Sicilia è la prima denominazione in Italia, superando l’Igp Toscana che storicamente è sempre stato ai vertici dei grandi oli extra-vergine d’oliva del Paese: ammonta a un milione e mezzo di litri la produzione della filiera olivicola dell’Isola che, in base ai controlli, ha ottenuto la certificazione e la tutela della denominazione. Il Presidente dell’Igp Olio Sicilia Mario Terrasi ha espresso la sua grande soddisfazione, sottolineando quanto sia stato veloce il percorso di riconoscimento, iniziato nel 2017 e che nel 2022 ha visto nascere il Consorzio di tutela: «Bisogna riconoscere negli oli siciliani il patrimonio di biodiversità che ha sempre distinto le nostre produzioni – dice -. Questo primato ne esalta il valore e deve spingere tutti i produttori di olio ad aderire all’IGP Sicila, osservando il disciplinare di produzione, il vero sigillo di garanzia del prodotto». Un risultato arrivato grazie all’impegno su questo fronte da parte dell’Irvo (l’Istituto regionale vini e oli) in questi ultimi anni sull’olio e che deve trovare nuove motivazioni sulle peculiarità distintive degli oli siciliani: «La nostra ricchezza _ spiega ha commentato il Direttore dell’Irvo Gaetano Aprile sta nella biodiversità olivicola e nelle specializzazioni produttive in grado di abbinare ad ogni piatto il giusto olio».

La scommessa delle nuove generazioni

Ma il Vinitaly è stato anche l’occasione per far decollare la nuova associazione di produttori giovani. Si chiama appunto Generazione Next e mette assieme le terze generazioni di produttori in una continuità ideale che avendo radici nel passato si impegna in una visione futura dell’enologia siciliana: un gruppo di giovani under 40 che già lavorano all’interno delle aziende familiari e che sull’esempio di Assovini Sicilia hanno firmato un patto per lavorare in squadra, con una forte componente al femminile. «Il vino siciliano va avanti sulle gambe dei giovani grazie al lavoro visionario che i loro nonni e i loro genitori hanno realizzato, trasformando la terra dei vini sfusi in un brand enologico internazionale. Adesso lasciamo fare ai giovani» dice il direttore dell’assessorato regionale all’Agricoltura Dario Cartabellotta.

I vini reliquia guardano al futuro

Al centro di tutti i dibattiti ha tenuto banco la questione del cambiamento climatico per affrontare il quale i produttori siciliani hanno deciso di investire sulle varietà autoctone, anche quelle “reliquia”, quelle dimenticate, come il Vitrarolo, che hanno già nel loro dna la chiave per sopravvivere in situazioni di stress idrico e ambientale. Presentata la prima bottiglia nata dall’idea di due amici di lunga data, Bruno Fina e Francesco Pulizzi: il primo titolare delle rinomate Cantine Fina, il secondo agronomo e titolare dell’Azienda Agricola Pietro Pulizzi. Attualmente il Vitrarolo è coltivato su duemila mq di terreno che hanno prodotto 20 quintali di uva per la produzione di 1.600 bottiglie divise a metà fra la famiglia Fina (vinificatori) e Pulizzi (conferitori delle uve). Le prime bottiglie di Vitrarolo prodotte dall’azienda Fina Una bottiglia frutto di una ricerca avviata nei primi anni del 2000 promossa da un gruppo di funzionari della Regione siciliana che facevano capo all’assessorato regionale all’Agricoltura e diretti da Dario Cartabellotta. Partendo quindi dal presupposto che in alcuni luoghi remoti di Sicilia, risparmiati dalla fillossera, era stato possibile salvaguardare negli anni questo patrimonio di varietà vitivinicole, questi tecnici, esperti e appassionati, hanno scandagliato in lungo e in largo tutti i posti più remoti della Sicilia, incontrando e intervistando i contadini. Scoprendo le qualità del Vitrarolo. Che non è l’unico: è stato accertato che alcuni cloni di Nero d’Avola e Grillo, vitigni autoctoni storici, possono fornire indicazione valide per mitigare gli effetti della siccità.

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