Nessun annuncio strabiliante, qualche pubblicità di troppo ma in compenso molte piccole sorprese. Un’edizione di transizione, questa del 2024 di Summer Game Fest, l’evento di Los Angeles che ogni anno dovrebbe farci vedere il futuro dei videogiochi. Il condizionale è d’obbligo, visto che stavolta sul palco di visionarietà ce n’era ben poca. Anzi, lo show è iniziato subito con un bagno di realtà: il conduttore Geoff Keighley ha infatti aperto le danze affrontando l’elefante nella stanza, cioè i licenziamenti di massa che stanno colpendo l’industria dal 2022 e che nel 2024, in appena sei mesi, hanno già raggiunto quota diecimila. “Sono fatti che ci deludono – ha detto il presentatore -, ma questa industria è in fase di cambiamento. Grazie alla distribuzione digitale, i videogiochi indipendenti, prodotti da piccoli team stanno infatti raggiungendo più giocatori che mai”.
E infatti sono stati proprio gli “indie”, o comunque i progetti meno colossali, a salvare questa edizione della kermesse in cui, tocca ricordarlo, un minuto di trailer costava ben 250mila dollari, una sorta di piccolo Super Bowl dei videogame. In due ore di show ininterrotto, intervallate da spot più o meno discutibili, sono mancati gli annunci che ti lasciano a bocca aperta sostituiti da tante piccole e inaspettate novità. A partire da Lego Horizon Adventures, cioè la traduzione in forma di mattoncini danesi della popolare saga fantascientifica di Sony che vede protagonista la cacciatrice Aloy. Titolo che, sorpresa nella sorpresa, sarà disponibile anche su Pc e Nintendo Switch oltre che Playstation. Oppure Neva, nuovo videogioco a firma dello studio spagnolo Nomada, già autori del fortunato Gris, che con atmosfere rarefatte e poetiche vuole raccontare il viaggio di una ragazza e un lupo in un mondo prossimo alla rovina.
E ancora Cairn, dei francesi Game Bakers, un simulatore di vita in arrampicata, nato dall’esperienza di una delle fondatrici dello studio, che con questo videogioco vuole farci vivere gioie e dolori di chi vive sfidando le vette più irragiungibili. E ha fatto capolino anche una produzione nostrana, Enotria: The Last Song, la via italiana ai cosiddetti “souls-like”, cioè quelli che si ispirano a un caposaldo come Dark Souls, imitandone alcune caratteristiche ma aggiungendo elementi nuovi. Nel caso del gioco di Jyamma Games si tratta soprattutto dell’ambientazione, legata al folklore nostrano, alle maschere carnevalesche e non solo, che saranno parte integrante della narrazione e del combattimento.
Moltissimi gli annunci in serie: un gioco di Quidditch basato su Harry Potter, Sid Meier che ha rivelato Civilization 7, nuove immagini di Metaphor: ReFantazio, gioco di ruolo giapponese nato dalle menti degli autori dei fortunati persona 3, 4 e 5. Dal Giappone anche Slitterhead, la nuova opera firmata da KeiIchiro Toyama, l’uomo dietro l’horror di Silent Hill, mentre dalla Finlandia è arrivato sul palco Sam Lake, direttore creativo di Remedy Games, che ha svelato l’arrivo di un’edizione fisica per Alan Wake 2, uscito fin’ora solo in digitale, e l’uscita immediata di Night Springs, un’espansione in tre episodi che, tra citazione di Twin Peaks e Ai Confini della Realtà, coinvolgerà altri personaggi dei videogiochi targati Remedy, come la protagonista di Control e il protagonista di Quantum Break.
A rimarcare l’importanza del settore indipendente ci hanno pensato anche due iniziative, queste sì davvero sorprendenti. In primis la discesa in campo videoludico della Blumhouse, la casa cinematografica che ha riportato in auge l’horror interpretandolo in chiave contemporanea e che ora, attraverso studi indie, produrrà videogiochi spaventosi e dai tratti sperimentali, tra cui uno firmato da Brandon Cronenberg, figlio del celebre regista canadese. E poi Innersloth, la software house che ha dato i natali a un fenomeno chiamato Among Us, con l’annuncio di Outersloth, un’etichetta che finanzierà e pubblicherà videogiochi piccoli ma coraggiosi, dando spazio e vita a voci che molto probabilmente sarebbero state schiacciate o ignorate da un mercato sempre più feroce. Un approccio quasi socialista a un’industria più capitalista che mai, destinata a cambiare se desidera mantenere quel fervore culturale e innovativo che l’ha contraddistinta fin dagli albori. Altrimenti si rischia il game over.